Reportage. Gruppi armati e intimidazioni: negli Usa va al seggio la paura
Un costume con Kamala Harris portata a spalla da Donald Trump ha riscosso successo l’altra sera alla parata annuale di Halloween al Village di New York
«Lanciare operazioni coordinate con i gruppi di negazione delle elezioni come parte di un piano per condurre una sorveglianza paramilitare delle urne elettorali». Questo invito di un membro della milizia American Patriots Three Percent, nota come AP3, è circolata su Telegram, la piattaforma basata in Russia divenuta il punto d’incontro degli estremisti di destra. Ne sono emerse molte negli ultimi giorni, grazie a un infiltrato e agli sforzi del gruppo statunitense per la trasparenza “Distributed denial of secrets” e puntano tutte nella stessa direzione. I gruppi armati convinti che Joe Biden nel 2020 abbia “rubato” la presidenza sono pronti a presidiare i seggi e a intervenire durante e dopo il conteggio se i risultati delle presidenziali di martedì non andranno come vogliono. Vale a dire, se Donald Trump non vincerà.
Trump è stato accusato spesso di fare l’occhiolino alla costellazione di milizie armate statunitensi che difendono un’ideologia anti-immigrati, anti-intellettuali, pro-armi e pro-bianchi. Già nel 2019, il repubblicano si vantò di godere “del sostegno della polizia, dei militari, dei Bikers, di tutte le persone dure, e se arriviamo a un certo punto, allora sarebbe molto brutto, molto brutto”. Ma da quando non è più alla Casa Bianca le strizzate d’occhio sono diventati dei richiami all’azione. Nel 2020, ad esempio, Trump invitò la milizia dei Proud Boys ad «essere pronti e in stand by», e puntualmente il gruppo guidò l’insurrezione violenta al Campidoglio del 6 gennaio 2021.
Fino a quel punto l’universo delle milizie statunitensi, con decine di gruppi in decine di Stati, appariva ancora rudimentale e poco coordinato. Ma proprio le teorie del complotto alimentate dal candidato repubblicano e da altri elementi del movimento Maga, insieme alla certezza di essere stati vittime di un colpo di Stato della sinistra, hanno fornito loro un'opportunità per organizzarsi, reclutare e addestrare nuovi membri. Tanto che ora, alla vigilia delle elezioni del 5 novembre, ci si trova al punto in cui i sondaggi per la prima volta nella storia americana recente registrano una grossa fetta convinta che la violenza politica possa essere necessaria. Secondo l’Università di Chicago, ben il 14% degli americani afferma che la violenza è giustificata per «raggiungere gli obiettivi politici che sostengo» e il 4,4%, ovvero più di 11 milioni di adulti, è d’accordo che «l’uso della forza è giustificato per riportare Donald Trump alla presidenza». Dati che hanno spinto ieri il governatore dello Stato di Washington ad attivare la Guardia Nazionale, mettendola in stand-by.
E i timori che Trump possa far leva su questi sentimenti e sui gruppi armati che li diffondono sono sempre più confermati dalle sue stesse affermazioni. Non è stata casuale la scelta del luogo da dove il tycoon, nel marzo 2023, ha lanciato la sua candidatura per le presidenziali di quest’anno. Era Waco, in Texas, teatro trent’anni fa di un sanguinoso scontro tra le forze dell'ordine e il culto Branch Davidian e da allora simbolo, per i miliziani di estrema destra, dell’oppressione delle istituzioni, che esattamente due anni più tardi ispirò Timothy McVeigh a far esplodere un camion bomba che uccise 168 persone. Trump aprì l’evento a Waco con la canzone, “Justice for All”, registrata da carcerati che sono finiti in prigione per l’insurrezione del 6 gennaio, accompagnata dal filmato dell’attacco della folla. Affermando che gli Stati Uniti erano stati conquistati da «marxisti e comunisti», Trump assicurò che «il novembre 2024 sarà la battaglia finale, quella più importante, e io sarò il vostro guerriero… Io sarò la punizione». Man mano la data si avvicinava, le chat dei gruppi armati si sono fatte più intense. Ad agosto, il sito giornalistico indipendente ProPublica ha citato messaggi di AP3 che dimostravano come il gruppo abbia effettuato operazioni di vigilanza al confine con il Texas e stretto legami con le forze dell'ordine in tutto il Paese.
Più di recente sono emerse alcune foto di membri della milizia AP3 in equipaggiamento da combattimento in prossimità di seggi, accompagnati da commenti che descrivevano tattiche per impedire agli elettori dei quartieri a maggioranza democratici di recarsi al voto e fornire «un supporto paramilitare alle operazioni di monitoraggio delle urne». Molti episodi di intimidazione si sono verificati già durante le elezioni di metà mandato del 2022, soprattutto in Arizona, dove il gruppo è nato. All’epoca, il segretario di Stato dell'Arizona chiese alle autorità federali di indagare su alcuni casi in cui gli elettori erano stati minacciati da persone in tuta mimetica che fotografavano chi depositava la scheda elettorale.
La fuga di notizie dalla chat di Telegram proviene da una persona che si è infiltrata nel gruppo proprio due anni fa e che ora è certa che i suoi membri causeranno «violenza nelle urne, nei seggi elettorali e in altri siti elettorali» nelle prossime settimane. «I cosiddetti lupi solitari che hanno partecipato alle intimidazioni del 2022 non erano affatto soli – ha scritto la persona nella lettera che accompagna la soffiata –. In effetti, facevano parte di gruppi altamente organizzati che intendevano influenzare le elezioni.
Questi canali Telegram rendono molto chiaro che il 2022 è stato una sorta di “anno di prova” per operazioni ben più importanti durante questa tornata elettorale».