Clima sempre più infiammato, in Francia, per via del braccio di ferro fra governo e sindacati attorno alla riforma delle pensioni, contestata anche dai partiti d’opposizione di sinistra
e dell’ultradestra. Il 19 gennaio, tutte le sigle confederali organizzeranno una prima giornata di scioperi e agitazioni contro le misure contenute nella riforma, a cominciare dall’innalzamento progressivo dell’età pensionabile a 64 anni entro il 2030, contro i 62 attuali. Il governo si dice pronto ad andare avanti, considerando che l’attuale sistema non è finanziariamente sostenibile nel tempo. Fra gli altri partiti, ad affiancare il presidente Emmanuel Macron sarà verosimilmente pure una porzione importante dei parlamentari neogollisti di centrodestra. Per Bruno Le Maire, ministro dell’Economia, la riforma farà risparmiare «17,7 miliardi di euro nel 2030», riportando il sistema in equilibrio. All’età di 67 anni sarà invece comunque garantita una pensione a tasso pieno, senza le penalità previste per chi non ha le 43 annualità richieste di contributi. In vista dell’approvazione della riforma in Consiglio dei ministri, prevista il 23 gennaio, prima dell’inizio dei dibattiti parlamentari, la premier Elisabeth Borne si dice pronta a «far evolvere ancora» la bozza.
Eccezioni saranno previste per le carriere lunghe. Per quelli che hanno cominciato a lavorare prima dei 20 anni, ci sarà la possibilità di uscire, in base alle annualità di contributi versati, a 58, a 60 o a 62 anni. La riforma cancellerà pure i principali regimi speciali privilegiati ancora esistenti, come per gli autoferrotranvieri parigini, o il personale della Banca di Francia. Fra i punti enfatizzati dal governo come un progresso, vi sarà in particolare
l’aumento delle pensioni minime, che saranno portate a 1.200 euro lordi al mese. Da parte sua, l’Associazione dei sindaci di Francia chiede al governo di «prendere meglio in considerazione il carattere usurante» del lavoro dei funzionari pubblici dislocati a livello locale.
Rispetto all’Italia e al resto d’Europa, lo scenario francese può essere considerato un po’ atipico, per via di un
accesso medio più precoce al mondo del lavoro, anche per via dell’anno in meno previsto dal sistema scolastico negli studi secondari (4 anni di medie e 3 di superiori). Di fatto, attualmente, solo il 33% dei francesi fra i 60 e 64 anni lavorano, contro una media del 46% nella zona euro.