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REPORTAGE. A Zarzis, dove aspettano soltanto di salpare

Claudio Monici giovedì 3 marzo 2011
«Sarà una grande fuga, sono pronto a scommetterci su», dice il passeur tunisino, senza battere ciglio e con la sicurezza di chi sa quel che dice, perché conosce l’ingranaggio di un’attività per lui assai redditizia (10mila euro a viaggio), ma che sta mettendo in agitazione mezza Europa, alle prese con la crisi umanitaria tra la Tunisia e la Libia: il traffico umano che, dalle coste del Nord Africa, solca il Canale di Sicilia. «So di preciso che in qualche casa o pensione di Zarzis ci sono già una ventina di egiziani scappati dalla Libia in attesa di partire per la rotta di Lampedusa, e che hanno già pagato il loro biglietto di andata. Aspettano anche quattro o cinque cinesi – racconta il nostro informatore, un ex comandante di peschereccio –. Ma è necessario mettere insieme un buon numero di passeggeri per guadagnare bene: quattrocento alla volta, è l’ideale». Il viaggio costa 2mila dinari a persona, circa mille euro: «È una cifra che permette di comprare una imbarcazione d’altura e poi si parte. Sempre la mattina presto, quando ancora è buio, e in 24 ore – mare permettendo – si sbarca a Lampedusa. Polizia e Marina, chiudono un occhio sui grandi numeri, fermano le piccole imbarcazioni». Insomma, è proprio un gioco da ragazzi che avviene – con le sue poche e semplici regole – alla luce del sole. Un normale passaparola. Ti informi e in un attimo sei lì, davanti al procacciatore di uomini che aspetta i suoi clienti all’ombra di un ulivo, accanto alla sua auto, in tranquilla attesa che qualcuno gli faccia la solita richiesta: «Voglio imbarcarmi per l’Europa, l’Italia, Lampedusa». La destinazione non è importante: quello che si cerca di fare è partire, andare via da queste terre aride e povere, per lavoro, per raggiungere le famiglie, per scommessa con la vita, per fuggire dalla prossima temuta guerra di Libia. “Perdere” un grande peschereccio, riconvertito al traffico clandestino, è un super affare per il proprietario che avrà organizzato la traversata. Il prezzo in cantiere di una lampara, in arabo un barcone per la pesca d’altura (che di solito impiega 14 uomini di equipaggio) è di circa 150mila euro. Quando avrà caricato 400 passeggeri paganti 1000 euro a testa avrà fruttato 250mila euro. A Ras Jedir, il confine con la Libia, dove in queste ore si sta consumando l’odissea umana di migliaia di sfollati, si parla di oltre 85mila persone. Mentre ce ne sarebbero molti di più ammassati ai confini libici con la Tunisia, in fuga dalla paura della guerra, e di cui si teme un esodo in massa verso le coste meridionali d’Europa attraverso i canali del traffico clandestino: quest’ultimo si trova a una sessantina di chilometri dal porto della città tunisina di Zarzis. Di qua il mare, di là una prospettiva a perdita d’occhio di uliveti e campi sassosi. L’ultimo massiccio sbarco avvenuto l’altra mattina all’alba sull’isola di Lampedusa, è partito da qui, da una spiaggia che chiamano Oglan e dove, quasi a lambire il mare, si affacciano grandi ville bianche, dai tetti a cupola, in stile arabeggiante, di proprietà di tunisini (ma anche di cittadini stranieri, molti i francesi e i tedeschi, e poi qualche italiano). Il mercato dell’edilizia turistica è fiorente e ovunque: non si fa che costruire case, ville e alberghi. Anche con i proventi del traffico clandestino: una villa di 600 metri quadrati affacciata sul mare costa 120mila euro. A Zarzis, il mistero del mercato dei viaggi clandestini assomiglia al segreto di Pulcinella. Le informazioni su dove andare, a chi chiedere, come fare, quanto pagare, insomma il Bignami che informa su ogni aspetto da sapere, lo si trova anche su Facebook. Nonostante ieri mattina ci fosse un sostenuto "Garbi", il vento dell’Ovest, che soffia verso l’Europa e che ingrossa in mare aperto, «tre piccole imbarcazioni cariche tra i 30 e i 45 passeggeri sono salpate dalla spiaggia di Ras Marmur, con l’intento di raggiungere Lampedusa», ci dicono due uomini che senza alcuna ragione precisa stanno fermi come pali sulla spiaggia a guardare il mare: «Andate al porto di pesca di Zarzis e la vi accontentano delle vostre curiosità», aggiungono i due tunisini, che parlano francese. Sul molo del porto, poco distante da dove è ormeggiata una motovedetta della marina tunisina, da due pescherecci d’altura i marinai scaricano casse di pesce azzurro. Spiegano, raccontano, precisano, senza timore. Una lampara ormeggiata, lunga 29 metri, ci viene detto, può trasportare mille persone. Nel solo porto di Zarzis di pescherecci d’altura di piccole, medie e grandi dimensioni ce ne sono una cinquantina. Gli altri li stanno preparando nei cantieri.