REPORTAGE. Haiti, il tesoro di padre Armand
L'omo è gioviale, affabile e ascolta con attenzione gli interlocutori. Ogni tanto si scusa per rispondere alle chiamate dei suoi tre cellulari. Padre Armand Franklin, non avrebbe mai immaginato, 35 anni fa quando ha fondato la congregazione dei Piccoli Fratelli dell’Incarnazione (Pfi), le responsabilità che avrebbe avuto in seguito. Nella jeep che ci porta a Pandiassou, nel centro di Haiti, dove ci sarà la consegna di venti nuove case alle vittime del terremoto, racconta la genesi del suo impegno: «Una volta Haiti era un Paese ricco, la chiamavano “la perla delle Antille”. La ragione della sua ricchezza era la sua terra, una terra fertile che può garantire prosperità per tutti i suoi abitanti. L’agricoltura è sempre stata la nostra ricchezza. Io non posso accettare che adesso dobbiamo importare gran parte del nostro fabbisogno alimentare dall’estero!». Partendo da questa constatazione ha creato una scuola di imprese agricole che accoglie ogni anno 240 giovani.
Per garantire il massimo di riuscita della scuola, i giovani vengono selezionati secondo criteri ben precisi: le loro famiglie devono possedere un pezzo di terra e i candidati per essere accettati devono far prova di grande motivazione. Perché, spiega padre Armand con il suo linguaggio impregnato di pragmatismo e buon senso, «se a due contadini dai un uovo ciascuno, uno se lo mangerà subito, l’altro lo farà covare e avrà un pulcino» Arrivati a Pandiassou, padre Armand prima dell’inaugurazione delle case vuole mostrare le realizzazioni della congregazione: il nuovo ospedale, le scuole, la radio locale, l’orfanotrofio, il depuratore, il vivaio, il bacino di raccolta delle acque per l’irrigazione. Nel piccolo villaggio, recentemente costruito, ci attende una fila interminabile di alunni impeccabilmente vestiti con i loro grembiulini, accompagnati dagli abitanti delle case e dalla popolazione dei dintorni. La cerimonia della consegna delle chiavi comincia e subito la commozione è grande quando una donna, prima di ricevere le sue, evoca il terremoto, la distruzione della sua casa, i morti, la disperazione e poi la speranza che rinasce con la prospettiva di una nuova dimora, che arriva come per miracolo. Pochi tra gli astanti riescono a trattenere le lacrime. Con gioia e sollievo i nuovi proprietari fanno visitare le loro abitazioni. Queste venti case, dove alloggiano 160 persone e che verranno alimentate con l’elettricità prodotta da pannelli solari, fanno parte del più vasto progetto “Un tetto e la salute per tutti”, che prevede la costruzione di cento case, portato avanti dai Pfi con l’aiuto di una associazione umanitaria francese, “Santé en entreprise”, molto attiva ad Haiti e che ha raccolto i fondi necessari per le costruzioni. È con i membri di questa associazione che l’indomani, accompagnati da padre Armand, ci dirigiamo verso la costa. Arrivati davanti a una magnifica spiaggia, padre Armand ci fa visitare un centro per accogliere turisti. Una serie di camere con bagno si susseguono di fronte al mare. Il luogo ideale per riposarsi e meditare (molte persone vengono qui per un ritiro spirituale). Questo centro funziona da diversi anni e permette di finanziare altri progetti, perché l’obiettivo di padre Armand è l’autosufficienza economica dei Pfi. «Per il momento abbiamo bisogno di donazioni per sopravvivere, ma vogliamo sviluppare attività economiche che diano lavoro alla popolazione e generino benefici volti a finanziare i nostri progetti e i centri esistenti», spiega. E quando chiedo se esiste il microcredito a Haiti, risponde: «Sì, esiste ed è una cosa positiva, ma io preferisco altre forme di aiuti, perché la maggior parte dei beneficiari del microcredito aprono un piccolo commercio, comprano prodotti quasi tutti fabbricati all’estero e li rivendono. Non creano ricchezza. Io propongo un’altra forma di credito, il “credito natura”: diamo una mucca gravida a un contadino e più tardi lui ci rimborserà con un vitello. Abbiamo anche creato un mattatoio, una macelleria e dei luoghi dove la carne è venduta. Così facendo – conclude – creiamo ricchezza e nello stesso tempo diamo lavoro alla gente». L’opera di padre Armand è riconosciuta da tutti, anche al di fuori di Haiti, tanto che nel 2008 lo Stato gli ha conferito il titolo di “Tesoro nazionale vivente” e conseguentemente gli ha affidato la realizzazione di 165 bacini di ritenzione d’acqua per l’irrigazione e la gestione di un centro che accoglie i bambini di strada a Port-au-Prince. In questo centro si trovano settecento bambini che vivevano in condizioni spaventose: malnutriti, non si lavavano, dormivano per terra su dei cartoni. Adesso vivono in condizioni degne e i Pfi scolarizzano una parte di questi fanciulli nelle loro scuole. La sera ceniamo nel grande complesso della Petite Place Cazeau a Port-au-Prince, centro nevralgico della congregazione e oasi di pace nella caotica capitale.
Prima della cena padre Armand (che non disdegna di tanto in tanto i piccoli piaceri della vita e ride di buon cuore alle nostre battute) ci offre un delizioso liquore a base di ibisco prodotto da loro. A tavola Armand, che 35 anni fa decise di diventare “contadino tra i contadini” aiutando i più poveri a prendere il loro destino in mano, ribadisce il suo desiderio che un giorno Haiti raggiunga l’autosufficienza alimentare. Ma per gli haitiani di oggi questo obiettivo è ancora lontano e molti di loro non hanno neanche di che mangiare. E allora parla dei centri di nutrizione, dove i Pfi distribuiscono ogni giorno un pasto a seimila giovani. A un certo punto s’interrompe, e indicando il vassoio di riso nel centro della tavola, dice: «Vedi questo vassoio di riso? Ebbene un piccolo bambino alto così è capace di mangiarselo tutto da solo! È il suo unico pasto della giornata, capisci? E il genitore che l’accompagna spesso non ha mangiato neanche lui. E allora cosa vuoi fare? Diamo da mangiare anche a lui». Appena terminata la frase lo vedo cambiare espressione e percepisco nel suo viso la preoccupazione. Come quella di un padre di famiglia per i suoi figli. Una così grande famiglia.