Pace nella giustizia. E una reale libertà religiosa per la Terra Santa, il Libano, l'Iraq e l'India. È questo «l'accorato appello» che i patriarchi e gli arcivescovi maggiori cattolici dell'Oriente presenti al Sinodo hanno affidato ieri nelle mani del Papa e rivolto idealmente in più direzioni. Ai cristiani e a tutti gli uomini di buona volontà, ai leader religiosi, ma soprattutto «alla comunità internazionale e agli uomini di governo perché garantiscano a livello legislativo la vera libertà religiosa nel superamento di ogni discriminazione e l'aiuto a quanti sono costretti a lasciare la propria terra per motivi religiosi». Il testo " che è firmato anche dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, dal prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, cardinale Leonardo Sandri, dai tre presidenti delegati dell'Assemblea (William Joseph Levada, George Pell e Odilo Pedro Scherer) oltre che dal segretario generale del Sinodo, l'arcivescovo Nikola Eterovic " è stato diffuso ai giornalisti nella stessa giornata in cui veniva pubblicato il Messaggio del Sinodo e in qualche modo può essere considerato ad esso complementare, anche perché il tema della libertà religiosa è più volte emerso durante le tre settimane dei lavori sinodali. L'appello si apre con la «profonda riconoscenza al Papa per avere sempre prontamente e instancabilmente elevato la supplica a Dio e la voce in favore dei fratelli e delle sorelle dell'Oriente». Per questo, scrivono i firmatari, «sul suo esempio, anche noi, come discepoli di Cristo, padri e capi delle Chiese Orientali Cattoliche, rinnoviamo l'implorazione a Dio e facciamo appello a tutti perché sia confermato ogni intento per favorire ovunque la pace nella libertà, nella verità e nell'amore». «Avvertiamo nei cuori un fremito " continua il documento " per le sofferenze di tanti nostri figli e figlie dell'Oriente: bambini e giovani; persone in difficoltà estrema per età, salute ed essenziali necessità spirituali e materiali; famiglie sempre più tentate dallo sconforto per il presente e per il futuro. E sentiamo il dovere di farci interpreti delle loro giustificate attese perché una vita dignitosa sia presto garantita a ciascuno in una proficua convivenza sociale». Per giungere a questo traguardo i cardinali, i patriarchi e gli arcivescovi che hanno firmato l'appello indicano una strada precisa. «Opera della giustizia è la pace! " scrivono, infatti " È un imperativo al quale non possiamo e non vogliamo sottrarci. Chiediamo, perciò, in particolare per la Terra Santa, che diede i natali a Cristo Redentore, per il Libano, l'Iraq e l'India la pace nella giustizia, di cui è garanzia una reale libertà religiosa». Non manca poi l'espressione della vicinanza «a quanti soffrono per la fede cristiana e a tutti i credenti impediti nella professione religiosa» e l'«omaggio ai cristiani che recentemente hanno perduto la vita in fedeltà al Signore». Segue quindi l'appello vero e proprio. «Davanti al Papa e ai padri sinodali, incoraggiati dalla loro fraternità, presentiamo una vibrante richiesta: ai cristiani e a tutti gli uomini di buona volontà perché pratichino il rispetto e l'accoglienza dell'altro nella vita quotidiana, facendosi prossimo di quanti sono nel bisogno, vicini e lontani; ai pastori e ai responsabili religiosi di predicare e favorire tale atteggiamento, appoggiando e moltiplicando le iniziative di mutua conoscenza, di dialogo e di soccorso». E naturalmente «alla comunità internazionale e agli uomini di governo» come già ricordato. Gli estensori dell'appello ricordano infine un appello di Benedetto XVI: «Possano le Chiese e i discepoli del Signore rimanere là dove li ha posti per nascita la divina Provvidenza; là dove meritano di rimanere per una presenza che risale agli inizi del cristianesimo. Nel corso dei secoli essi si sono distinti per un amore incontestabile e inscindibile alla propria fede, al proprio popolo e alla propria terra». E concludono «"Cristo è la nostra pace". Questa divina Parola è portatrice di conforto e di speranza, e sprona a cercare vie nuove di pace, che trovino efficacia nella Benedizione di Dio». Il testo reca le firme di 11 patriarchi e arcivescovi dell'Oriente, tra i quali Nasrallah Pierre Sfeir (Antiochia dei Maroniti), Emmanuel III Delly (Babilonia dei Caldei), Varkey Vithayathil (Siro-Malabaresi), Antonios Naguib (Alessandria dei Copti), Gregorios III Laham (Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti) e Fouad Twal (Gerusalemme dei Latini).