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Libano. La ritorsione israeliana piomba su Beirut. Nel mirino stratega di Hezbollah

Nello Scavo martedì 30 luglio 2024

L'edificio di Beirut colpito dai missili israeliani

Dahiyeh è “la roccaforte” di Hezbollah, ed è qui che alle 19.45 di Beirut un intero edificio residenziale di otto piani è stato trapassato e abbattuto da un missile israeliano. Nel mirino c’era Fuad Shukr, consigliere militare del leader del movimento sciita filo-iraniano, Hassan Nasrallah. Fonti da Beirut affermano che Shukr non sarebbe sopravvissuto, contrariamente a quanto era emerso dopo l'operazione. Conosciuto anche come Hajj Mohsin, era ritenuto dall’intelligence israeliana a capo del progetto missilistico di precisione di Hezbollah. È anche ricercato dagli Usa per il suo ruolo nel bombardamento del 1983 contro la caserma dei marines americani a Beirut, quando si contarono 241 morti tra gli americani e 56 paracadutisti francesi.

La ritorsione israeliana promessa dopo la strage dei bambini drusi nel Golan è piombata dove la diplomazia sperava non accadesse. Le forze armate di Tel Aviv poco dopo hanno confermato di aver effettuato un raid aereo sulla capitale libanese per uccidere il comandante di Hezbollah che sarebbe dietro l’eccidio di Majdal Shams. «Hezbollah ha oltrepassato la linea rossa», ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant pochi minuti dopo l’attacco. Il governo libanese ha reagito denunciando l’operazione israeliana come un «atto criminale» e ha detto che si riserva il "diritto di prendere misure" per scoraggiare "l'ostilità israeliana". L’Iran lo ha definito «attacco vile». Di «flagrante violazione del diritto internazionale», ha parlato il ministero degli Esteri russo alla Tass. Dallo Yemen gli Houthi hanno condannato il raid e minacciato nuovi attacchi.

Mentre i diplomatici cercano di contenere la reazione per scongiurare un terremoto regionale, il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin ha dichiarato di «non ritenere inevitabile uno scontro», pur rimanendo preoccupato per la potenziale escalation.

I minareti di Dahiyeh sono gli occhi di Hezbollah, le gente del posto le sue orecchie sempre aperte. Nella roccaforte del “Partito di Dio” le gigantografie dei martiri, del generale iraniano Suleiman ucciso dagli americani in Iraq, il volto serio del leader Nasrallah, segnano una toponomastica che racconta uno stato di guerra permanente e di conti ancora aperti.

Per il suo coinvolgimento in quell’attentato, gli Stati Uniti hanno posto sulla sua testa una taglia fino a 5 milioni di dollari per informazioni che avessero portato “alla sua localizzazione, all’arresto o alla condanna in qualsiasi Paese”. Washington lo ha infatti designato come un “terrorista globale” e ne ha sequestrato tutti i beni sotto giurisdizione Usa. Secondo le autorità americane, Shukr ha inoltre aiutato le truppe filo-regime di Assad nella campagna militare di Hezbollah contro le forze di opposizione siriane. econdo un profilo delineato dalle autorità statunitensi, Shukr è un “consigliere senior” per gli affari militari di Nasrallah e ha prestato servizio nel più alto organo militare di Hezbollah, il Consiglio della Jihad. Nato nel 1962, è stato uno stretto collaboratore del defunto comandante del Partito di Dio Imad Mughniyah.

A dispetto dei proclami infarciti di retorica e ideologia, sul terreno Hezbollah preferisce costruire il consenso con passi concreti. Anche il nome del quartiere non evoca dogmi né eroi. Dahiyeh vuol dire “sobborgo”, e chi ci abita lo sa. I giovanotti con i fucili automatici neanche troppo in vista, si assicurano che i forestieri non vengano a cercare guai. Non lontano da qui c’era l’ufficio libanese di Hamas, dove il 3 gennaio sono stati uccisi sei esponenti del gruppo armato palestinese, tra cui Saleh al-Arouri, vice capo del cosiddetto politburo dell’ala politica dell’organizzazione armata.

Nel pieno di una crisi economica che vede la lira libanese precipitare ogni giorno, Hezbollah è per molti più di un palliativo. Gli adolescenti con le maglie di Messi e Ronaldo sanno di non avere molta scelta. «La guerra a Gaza sta ricompattando anche le fazioni libanesi che un tempo si guardavano in cagnesco», ci spiega un esponente di Amal, il partito del presidente del parlamento Nabih Berri, alleato di Hezbollah. Nomi, dice, è meglio non farli. Hezbollah non ama molto un certo tipo di critiche. Specie adesso che la guerra è tornata a Beirut.

Il consenso popolare nei quartieri controllati dal “Partito di Dio”, non è in discussione. Anni fa entrare in polizia o nell’esercito di Beirut era un’aspirazione diffusa. Non più ora che lo stipendio, per chi comincia, quando va bene supera di poco i 500 euro. Hezbollah non agisce da anti-Stato, ma da “stato dentro lo stato”. Ai combattenti ammessi all’arruolamento offre un contratto biennale con un salario mensile da 600 a 1.200 dollari, più una serie di benefici. E alle famiglie dei “martiri” caduti in battaglia viene assicurato un risarcimento tra i 25 mila e i 45 mila dollari.

Dahiyeh è in realtà la somma di quattro municipalità del Sud di Beirut, dove vive oltre mezzo milione di persone, il doppio dei residenti del solo municipio di Beirut, in gran parte originari dei villaggi del Sud, da dove sono scappati a partire dal 1982, durante l’invasione israeliana e mentre Beirut era attraversata dalla guerra civile andata avanti dal 1975 al 1990.

Le minacce di un’espansione del conflitto da Sud, perciò, a Dahiyeh hanno risvegliato tensioni mai sopite. Ed Hezbollah sa come tenere alto il volume della retorica e intanto rischierarsi sul terreno. Secondo il “World Factbook” della Cia, il gruppo sostenuto dall’Iran possiede circa 150.000 missili e razzi e dispone anche di missili di precisione, droni e missili anticarro, antiaerei e antinave. Il leader di Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, ha dichiarato nel 2021 che il gruppo conta 100.000 combattenti. Secondo le stime gli analisti della Cia, nel 2022 l’organizzazione disponeva di 45.000 combattenti, di cui circa 20.000 a tempo pieno.

Oggi il lancio di razzi dal Libano ha ucciso un civile israeliano, secondo quanto riferito dai medici, mentre il Libano si preparava a incassare la rappresaglia israeliana, dopo il micidiale attacco missilistico sulle alture del Golan occupate da Israele. L’esercito israeliano ha dichiarato che 10 razzi sono stati lanciati dal Libano e uno ha colpito il Kibbutz Hagoshrim, causando una vittima. Hezbollah sostiene di avere invece colpito una postazione militare. Poco dopo alcuni jet sono sconfinati in profondità nello spazio aereo libanese superando la velocità del suono sopra ai centri abitati, rinnovando il “bang sonico” che coglie di sorpresa e terrorizza la popolazione. Hezbollah sostiene di avere lanciato razzi antiaerei contro i caccia costringendoli a rientrare.

Preoccupazione è stata espressa dal ministro degli Esteri italiani, Antonio Tajani, «Abbiamo due contingenti, uno a Beirut e un altro al confine tra Hezbollah e Israele. Adesso sono messi in sicurezza, però come ha chiesto il ministro della Difesa Crosetto vogliamo sapere dalle Nazioni Unite cosa intendono fare, forse le regole d’ingaggio vanno modificate visto che la situazione sta cambiando di giorno in giorno».