Medio Oriente. Putin “frena” Teheran: risparmiate i civili
A Beirut folla in piazza per il videomessaggio del leader di Hezbollah, Nasrallah
All’alba di Isfahan, quattrocento chilometri a sud di Teheran, la gente si è svegliata pensando che la guerra con Israele fosse cominciata. È dovuto intervenire il governatore regionale per rassicurare la popolazione: le esplosioni erano «operazioni di addestramento». A complicare le cose le notizie da Gaza, dove il dopo Haniyeh, il leader di Hamas ucciso in Iran, è attraversato anche dai contrasti interni alla fazione. Per tutto il giorno, fonti vicine al gruppo avevano ribadito che il nuovo capo politico sarebbe stato eletto nelle prossime settimane, segnalando un dibattito interno alla formazione estremista. In serata una nota ufficiale ha invece assicurato che il nuovo capo è Yahya Sinwar, che riunirebbe in sé l’ala politica e quella militare, facendo prevalere il fronte di Gaza su quello più politico-diplomatico che era guidato da Haniyeh in Qatar. Le conseguenze di questa decisione sono imprevedibili. L’imprendibile Sinwar è il regista e l’artefice dell’orribile massacro del 7 ottobre. E nella situazione attuale per Israele negoziare con lui la sorte degli ostaggi e quella di Gaza, semplicemente è improponibile. Non è un caso che le forze armate si stiano preparando a nuove pesanti azioni che potrebbero accelerare i tempi della rappresaglia degli ayatollah contro Israele.
In Iran le manovre preparatorie seguono il filo della retorica, mentre i Pasdaran guadagnano giorni prima di decidere come intervenire. A Teheran assicurano che i piani sono chiari. In realtà c’è ancora tempo prima di combattere. La diplomazia internazionale non è mai stata così attiva come nelle ultime ore. Nel Paese che ha giurato di vendicare l’umiliazione subita con l’uccisione in casa del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, è stato segnalato (e non smentito) anche un volo segreto di emissari americani giunti a negoziare una rappresaglia misurata. Gli Usa non potranno abbandonare Israele alla minaccia degli ayatollah, sarebbe stato spiegato, lasciando aperta la porta di un rilancio nelle trattative interrotte per il nucleare “Made in Teheran”. Perfino il presidente russo Vladimir Putin ha chiesto all’ayatollah Ali Khamenei di tenere i civili fuori dal mirino. Il messaggio è stato consegnato lunedì da Sergei Shoigu, l’ex ministro della Difesa russo, accusato di crimini contro l’umanità per gli attacchi indiscriminati sui civili in Ucraina. Mentre la Repubblica islamica valuta la sua risposta all’assassinio di Ismail Haniyeh, la Russia che ha fatto incetta di droni iraniani scagliati sul fronte di Kiev avrebbe inviato missili Iskander a Teheran oltre a sistemi di contraerea S-300 che all’occorrenza possono essere usati come mezzi offensivi. Teheran ha anche fatto pressione su Mosca per la consegna di jet da combattimento “Su-35” di fabbricazione russa.
A Beirut c’era molta attesa per l’intervento di Hassan Nasrallah Nasrallah, leader degli Hezbollah filoiraniani, chiamato a commemorare El Sayyed Mohsen (nome di battaglia Fouad Shukr) ucciso da un raid israeliano a Beirut il giorno prima dell’elminazione a Teheran di Haniyeh. Dopo la consueta retorica, Nasrallah ha usato parole come «prudenza» e «pazienza». «Il pericolo israeliano - ha detto - non può essere affrontato nascondendo la testa sotto la sabbia e scappando dalla tempesta, perché il nemico combatte senza linee rosse. Ciò che serve è il confronto e lo scontro, non l’esitazione e la sottomissione».
La reazione sarà coordinata. òascia intendere lasciando cadere un «forse»: «Hezbollah risponderà, l’Iran risponderà, lo Yemen risponderà», promette. Aggiungendo poi che «l’attesa (israeliana) fa parte della punizione, della risposta e della battaglia che è anche psicologica». Poi, volendo forse mandare un messaggio rassicurante alla diplomazia internazionale, ha ripetuto che «stiamo agendo con coraggio e prudenza». Se prima Nasrallah aveva deriso Israele - «hanno menti piccole» - riferendosi ai ripetuti “sonic bang”, il boato dei caccia di Tel Aviv quando hanno superato la barriera del suono a bassa quota sopra Beirut, poi si è sorprendentemente rivolto alle milizie palestinesi: «Chiediamo alla resistenza a Gaza e in Cisgiordania di mostrare più pazienza e fermezza».
Il discorso era stato fatto precedere da una serie di operazioni militari. Hezbollah ha lanciato uno sciame di droni contro due siti militari vicino ad Acri, nel nord di Israele, Nelle stesse ora i miliziani hanno attaccato un veicolo militare israeliano: sette persone sono state evacuate in ospedale, a sud della città costiera di Nahariya, una in condizioni critiche. Non tutti i droni, infatti, sono stati intercettati e abbattuti in volo. Almeno uno dei feriti è stato colpito a causa del malfunzionamento di un missile intercettore di “Iron Dome”, il sistema di difesa israeliano.
La ritorsione iraniana sarà anche l’occasione per testare nuove armi. In questi giorni le forze armate hanno inaugurato un “centro all’avanguardia per la guerra elettronica”, fanno sapere fonti da Teheran. Lo hanno chiamato “Jangaal”, che appunto vuol dire guerra elettronica, ed è stato installato nell’est del Paese ed equipaggiato con un sistema di difesa.
Ancora una volta ci sono molte aspettative per la possibilità che il di Giordania, Abdallah II, possa favorire una decompressione delle tensioni regionali. Ieri la premier Giorgia Meloni ha avuto un colloquio telefonico con il leader giordano, condividendo la preoccupazione che «il concreto rischio di escalation renda ancor più necessaria - si legge in una nota di Palazzo Chigi - la conclusione dei negoziati sul cessate il fuoco a Gaza e sulla liberazione degli ostaggi».