Proxy war. Da Hamas agli Houti: chi sono i combattenti sciiti che agiscono per procura
Combattenti Hothi in Yemen
La “proxy war” è la guerra per procura. Con questo termine ci si riferisce ai gruppi organizzati che combattono per uno Stato o una superpotenza non direttamente impegnata nel conflitto. Parlando del conflitto mediorientale, i "proxies" ascrivibili all’asse sciita, contro Israele, e riconducibili all’Iran, sono i seguenti.
Hamas-Jihad (benché sunniti)
Sebbene Hamas e la Jihad islamica palestinese siano di fede sunnita, sono accomunati all’Iran sciita dallo stesso odio verso Israele. Sono parte dell’“asse della resistenza” capeggiato da Teheran. L’intelligence iraniana e la forza Quds dei Pasdaran sono sospettati di manovrare, nell’ombra, con cinque obiettivi: 1°) impegnare Israele in una lotta su più fronti; 2°) allontanare la prospettiva ricorrente di raid ebraici contro la Persia, garantendosi maggiore profondità strategica; 3°) rompere l’accerchiamento delle basi americane in Medio Oriente; 4°) puntare ad estromettere Washington dalla regione; 5°) creare un continuum fra l’Iran e il Mediterraneo, ostile a Israele e affine ai principi della rivoluzione islamica.
L’Hezbollah libanese
Leader dell’“asse della resistenza”, l’Hezbollah libanese è la principale creatura iraniana in Medio Oriente, purtroppo molto ben armata. Il consulente tecnologico iraniano Majid Nabab sarebbe l’artefice delle infrastrutture produttive locali, studiate per accrescere la precisione dei missili, forniti da Teheran in migliaia di esemplari. Abbondano anche i razzi, le armi anticarro e i droni, dal 7 ottobre il trio più utilizzato dai guerriglieri libanesi per “esprimere solidarietà” a Gaza. Un modo per infastidire Israele e impegnarne intelligence, uomini e mezzi al confine settentrionale, senza scatenare il casus belli foriero di una guerra aperta con le Forze di difesa israeliane.
Gli Houthi dello Yemen
Dal 2014, l’Iran ha stretto un’alleanza anche con i guerriglieri yemeniti Houthi, il cui zaidismo è parente stretto dello sciismo persiano, ammantato della stessa aura antioccidentale e antiebraica. I guerriglieri hanno oggi un arsenale zeppo di armi iraniane, comprensivo di fucili, razzi, esplosivi ad alto potenziale e mine navali. Grazie ai missili e ai droni iraniani, gli Houthi hanno sconvolto le rotte commerciali fra il golfo di Aden e Suez, costringendo le marine occidentali a scortare i cargo in navigazione nel mar Rosso. Non intimoriti dai raid di rappresaglia anglo-americani, i miliziani yemeniti hanno dichiarato più volte che gli attacchi con missili e droni continueranno fin quando non cesserà l’aggressione israeliana alla Palestina.
La galassia in Iraq e Siria
Gli ufficiali d’intelligence iraniani dispongono in Iraq e in Siria di migliaia di fedelissimi, tutti di fede sciita. Si parla di 53mila uomini all’interno delle “Unità di mobilitazione popolare irachena”, di un numero imprecisato di altri combattenti nella galassia della “Resistenza islamica” in Iraq e di almeno 70mila miliziani in Siria. Proprio la Resistenza islamica in Iraq, nata nel 2023, ha rivendicato l’attacco di domenica scorsa, costato la vita a tre soldati americani di stanza nell’hub logistico giordano Tower 22, a 10 km dalla base statunitense di al-Tanf, nel sud della Siria: un crocevia strategico, fra rotte di droga, armi e movimenti lungo l’asse Baghdad-Damasco. Mai prima d’ora era stato colpito il territorio giordano.