Medio Oriente. «No alla fame a Gaza come arma di guerra»: la protesta delle pentole
«Non lasceremo nessuno morire di fame in silenzio»: con questo slogan oggi il movimento femminista palestinese e israeliano lanciano una singolare protesta. Contro l'isolamento e la carenza di aiuti umanitari a Gaza oggi si farà rumore: rumore di pentole, come suggerisce lo spot, rumore di ogni tipo per «rompere il muro dell'oscurità». Affamare le persone è un crimine di guerra, dicono le femministe, "chiamiamo tutti a fare rumore, opponiamoci ai meccanismi di guerra e di occupazione".
La data scelta non è casuale: oggi per Israele è il giorno dell'Indipendenza e domani per i palestinesi ricorre l'anniversario della Nakba, la "catastrofe", il termine con cui si ricorda l'abbandono della Palestina da parte di 700 mila persone durante la guerra con Israele del 1948. I profughi della Nakba e i loro discendenti costituiscono il 60% della popolazione della Striscia di Gaza. I fatti del 1948 aleggiano come un fantasma sul conflitto in corso; la popolazione di Gaza teme che la storia si ripeta e che, costretta ad abbandonare la Striscia, si ritrovi senza un posto dove andare, costretta a vivere in campi profughi. Per molti abitanti di Gaza la storia si è già ripetuta, basti pensare che la popolazione di Rafah è quintuplicata nelle ultime 7 settimane, passando da 350 mila abitanti a 1,5 milioni; e in queste ore la popolazione si sta già rimettendo in moto, in fuga dall'offensiva israeliana.
Oggi il Qatar ha denunciato che dal 9 maggio a Gaza non entrano più convogli umanitari, da quando Israele ha lanciato incursioni nella città di Rafah e ha chiuso i valichi di soccorso. Ieri il passaggio di camion è stato impedito da un gruppo di coloni israeliani vicino al checkpoint di Tarqumiya, a ovest di Hebron. In un video diffuso ieri, si vedono decine di manifestanti attaccare i mezzi e distruggere il contenuto: pacchi alimentari lanciati e calpestati, sacchi di grano rovesciati al suolo.