La testimonianza. «Io, profugo dal Congo alla Grecia, ho vissuto l'orrore dei campi»
Migranti a Moria, sull'isola di Lesbo, in Grecia
E ora a che punto è la sua situazione di accoglienza in Francia?
Non ho ancora terminato tutte le procedure per la mia domanda di asilo qui, intanto sono salvo; io sì, ma tanti, tantissimi no. Ricordo un gommone arrivato in Grecia prima della mia nuova fuga attraverso la cosiddetta “rotta balcanica”. Le persone a bordo sono state poste in quarantena per due settimane. Hanno subito i colloqui per l'asilo, hanno patito il freddo insieme a molti altri disagi, poi sono stati tutti respinti. Respinti vuol dire tornare nel posto in cui sei in pericolo, peraltro senza avere neanche più del denaro da parte. La maggior parte di quelle persone respinte, prima che fuggissi ancora, erano cittadini congolesi.
Papa Francesco, proprio in questi giorni, durante il viaggio in Grecia, ha parlato della migrazione forzata, ribadendo che non è un'abitudine turistica. Ha detto: “Il peccato che abbiamo dentro ci spinge a pensare questo: 'Povera gente, povera gente'. Col 'povera gente', cancelliamo tutto. È invece la sofferenza di fratelli e sorelle che non possiamo tacere. Coloro che hanno dato tutto quello che avevano per salire su un barcone di notte, senza sapere se arriveranno. E poi, in tanti, finiti nei lager, posti di confinamento e di schiavitù. Questa è la storia di questa civiltà sviluppata che noi chiamiamo Occidente”. Ha sentito queste parole?
Da cattolico lo seguo molto, così come lo ascoltano o lo seguono tanti non cattolici, anche qui in Francia, da quel che sto imparando a notare. Papa Francesco ha una visione del mondo che manca a tutti i potenti della Terra, i quali però stanno tentando di imparare da lui. Sta cercando davvero di risvegliare tanti cuori… Quando ho sentito le sue parole, ho pensato ai giorni in cui i miliziani del mio Paese hanno provocato la morte di almeno 293 civili, tra cui 63 donne e 24 bambini. Il 94% delle morti documentate, almeno di quelle di cui son riuscito a sapere fino ad agosto, si è verificato nelle tormentate province del Nord Kivu e dell'Ituri. Da maggio queste zone sono sottoposte a misure straordinarie di stato d'assedio per tentare di reprimere i gruppi armati, che si aggirano lì da almeno un quarto di secolo.Quello che destabilizza e minaccia davvero il continente africano è il traffico di armi, così come ha detto anche il Pontefice, con toni d’accusa verso chi fornisce queste armi e poi finge compassione. Lei, scampato al reclutamento della violenza, che può dirci di questo mercato criminale?
Sono scappato verso la Grecia a causa delle armi, a causa dei gruppi che volevano mettermele in mano, mentre io sogno di fare l’insegnante, come sa la mia mamma, che è là. E’ proprio così: la ferita del nostro Continente, e in particolare del Congo che conosco bene, è il commercio illecito di armi di piccolo calibro, che in parte rinvigorisce la persistenza delle guerre in tutto il continente. Attualmente, in Africa circolano circa 30 milioni di armi da fuoco. Il trasferimento di armi tra Paesi può essere collegato all'aumento dei conflitti nelle regioni confinanti da parte degli stessi gruppi armati, che spesso sembrano spostarsi proprio lungo il flusso di armi. Il conflitto attualmente in corso nella Repubblica Democratica del Congo e il conflitto in corso in Libia hanno aiutato la proliferazione e l'acquisizione di armi leggere nella regione
Akpamagbo, direttore nazionale di Save the Children nella Repubblica democratica del Congo, ha dichiarato di deplorare fermamente il crescente spostamento delle popolazioni a causa dell'insicurezza. Save the Children, attraverso la sua risposta umanitaria, aiuta le popolazioni sfollate all'interno del Congo, anche nelle aree di confine e nei paesi vicini. Ha avuto contatti con loro? Sì certo, tanto devono la loro salvezza, o almeno tentativi di salvezza, a questi gruppi umanitari. Oggi, però, vorrei evidenziare una cosa che mi sta a cuore: è urgente prestare particolare attenzione alla situazione dei bambini, che sono le prime vere vittime. I piani di risposta dovrebbero essere rivisti e i finanziamenti dovrebbero essere resi disponibili in tempi più brevi, in modo che durante queste situazioni, i bambini continuino a essere protetti e ad avere accesso almeno all'istruzione di base. Questo è stato detto fermamente da molte organizzazioni umanitarie. Vorrei aggiungere la mia voce; io stesso continuerò, spero qui da Parigi, a prepararmi per diventare un maestro, provando a lasciar affievolire le immagini di quelle notti nel mare e di quell’arrivo in una Grecia che non è quella che amate voi tutti. Quando avrò dimenticato, sarò pronto a tornare indietro, ma ci vorrà molto tempo, soprattutto perché, con le mie denunce sui trafficanti di armi, per quel che so, non mi sento al sicuro in nessun luogo.