Puntuale domenica sera alle 22,30 il diluvio è iniziato: nonostante il sito di Wikileaks fosse sotto attacco informatico, Le Monde, El Pais, The Guardian, Der Spiegel, e New York Times hanno messo in rete le rivelazioni fornite dal sito di Julian Assange. I file coinvolgono 274 ambasciate, consolati e missioni diplomatiche americane in tutto il mondo. In totale i documenti sono 251.287 e includono 261.276.536 parole, un numero sette volte maggiore di quello dei file pubblicati recentemente sulla guerra in Iraq. Il periodo di tempo preso in considerazione va dal 28 dicembre 1966 al 28 febbraio 2010. Dei «cable» – telegrammi – svelati da Wikileaks, 15.652 sono classificati come segreti, 101.748 come confidenziali mentre 133.887 non sono classificati. È l’Iraq lo Stato di cui si discute con più frequenza. Sono poi 8.017 i telegrammi provenienti dal Dipartimento di Stato americano, mentre l’ambasciata da cui è stato inviato il maggior numero di documenti è quella ad Ankara, in Turchia.I documenti verranno pubblicati «in vari blocchi nei prossimi mesi», scrivono i responsabili del sito: «Gli argomenti trattati sono di tale importanza, e geograficamente così estesi, che fare diversamente non renderebbe giustizia al materiale». I responsabili promettono rivelazioni sugli «occhi chiusi» degli Usa su casi di corruzione e abusi dei diritti umani in Stati satellite.
ONUI diplomatici Usa trasformati in spie per carpire segreti e intenzioni del segretario generale Ban Ki-moon, dei suoi collaboratori e degli ambasciatori accreditati al Palazzo di Vetro. Hillary Clinton in una nota del 31 luglio 2009 chiese di mettere sotto osservazione i diplomatici stranieri all’Onu e i vertici del Palazzo di Vetro. La nota, inviata a 30 ambasciate, ha come titolo National Humint Collection Directive e sollecita informazioni sui piani dell’Onu e sulle intenzioni del segretario generale Ban Ki-moon riguardo temi specifici come l’Iran. La nota 219.058 indirizzata alla rappresentanza Usa presso l’Onu incoraggia i diplomatici a eludere le norme sull’immunità diplomatica e sulla privacy. «La relazione deve contenere le seguenti informazioni: nomi, titoli e altre informazioni riportate sui biglietti da visita, telefono fisso, cellulare, cercapersone, fax, telefono e mailing list, le password Internet e Intranet, carta di credito, numeri di carte di fedeltà numero di compagnie aeree, orario di lavoro», si legge. I diplomatici Usa presso l’Onu devono inviare «tutte le informazioni biografiche e biometriche» sui loro colleghi del Consiglio di sicurezza, compresi gli alleati britannici e francesi.
GUANTANAMOGli Stati Uniti pur di riuscire a chiudere la prigione di Guantanamo e a trasferire i detenuti del carcere speciale in altri Stati, sono arrivati anche ad avanzare offerte per milioni di dollari ai Paesi riluttanti in cambio del loro «sì». È una delle rivelazioni di Wikileaks riportata dal New York Times. La direttiva del Dipartimento di Stato americano ai diplomatici impegnati in tal senso nelle trattative con altri Paesi era: «Facciamo l’affare». Alle autorità della Slovenia, ad esempio, fu detto che se volevano incontrare il presidente Barack Obama dovevano accettare di prendersi un prigioniero. Ai dirigenti dell’isola-nazione di Kiribati furono offerti incentivi per milioni di dollari per accettare l’arrivo dei detenuti cinesi musulmani. Al Belgio, invece, fu detto dal corpo diplomatico che accettare più prigionieri da Guantanamo sarebbe stato un modo «a basso costo» per ottenere maggiore visibilità in Europa. Ieri il portavoce del ministero degli Esteri sloveno, Milan Balazic, ha smentito il retroscena: «La visita del primo ministro sloveno Borut Pahor negli Stati Uniti non è stata negoziata in cambio dell’accoglimento di un prigioniero di Guantanamo».
PAKISTANGli Stati Uniti fin dal 2007 hanno messo in atto un «considerevole sforzo segreto» per rimuovere da un reattore nucleare dell’uranio altamente arricchito, che «funzionari americani temevano potesse essere utilizzato per un ordigno non lecito». È una delle rivelazioni di Wikileaks riportate dal New York Times. Il quotidiano americano precisa che nel maggio del 2009 l’ambasciatrice Anne W. Patterson riferì a Washington che il Pakistan si rifiutava in modo sistematico di concedere a esperti statunitensi di visitare i suoi impianti nucleari. La ragione del rifiuto, per usare le parole di un dirigente pachistano che ha litigato con l’ambasciatrice americana, sta nel fatto che se i giornali locali fossero venuti a conoscenza della rimozione del reattore, «certamente – ha detto il diplomatico – il titolo sarebbe stato: "Gli Usa si prendono le armi nucleari del Pakistan"». Islamabad è un importante alleato di Washington nella lotta ai terroristi di al-Qaeda.
COREEGli Usa hanno discusso con i funzionari di Seul la possibilità di una Corea unificata, nel caso la Corea del Nord dovesse «implodere» per i suoi problemi economici e per problemi di transizione del leader, hanno rivelato i documenti di Wikileaks pubblicati dal New York Times. Le discussioni si sarebbero estese alla questione di come convincere la Cina ad accettare la situazione di una Corea unificata. Stando all’ambasciatrice americana a Seul, i sudcoreani hanno fatto pressioni sugli Usa per convincerli che «la cosa giusta da fare» era scommettere sulla «implosione» della Corea del Nord. Per fare questo sono arrivati anche a ipotizzare non meglio precisate «tangenti commerciali» alla Cina per «contribuire ad ammorbidire» le sue preoccupazioni circa l’ipotesi di una Corea riunificata, vista dai cinesi come potenziale alleata americana. Da un file emerge anche che secondo gli americani l’Iran ha ottenuto dalla Corea del Nord missili sofisticati capaci di colpire l’Europa occidentale e gli Stati Uniti. Emergono inoltre le preoccupazioni dell’Ue e degli Usa in merito alla volontà del regime di Teheran di utilizzare queste armi.
CINAL’intrusione nel server di Google in Cina a gennaio era stata ordinata direttamente dal Politburo a Pechino. Lo ha denunciato una fonte cinese dell’ambasciata americana a Pechino, si legge in un documento inviato dai diplomatici americani ottenuto da Wikileaks e diffuso dal New York Times. L’attacco a Google rientra in una campagna coordinata di sabotaggi a server informatici portata a termine da operativi del governo, esperti di sicurezza privati e hacker reclutati dalle autorità cinesi. Gli stessi personaggi dal 2002 hanno violato più volte i computer del governo americano e quelli dei loro alleati occidentali, oltre ai sistemi del Dalai Lama e di aziende americane. Ieri sulla stampa cinese non è comparso alcun riferimento alle rivelazioni propagate da Wikileaks. Secondo le notizie finora diffuse, la Cina dovrebbe essere interessata dai documenti segreti anche per la sua «amicizia» con la Corea del Nord, nel tentativo americano di chiedere a Pechino di fare pressioni su Pyongyang affinché interrompa i programmi nucleari e le sue relazioni missilistiche con l’Iran.
BOMBEI dispacci diplomatici americani riservati diffusi da Wikileaks confermano la presenza di armi nucleari tattiche degli Stati Uniti in Olanda e Belgio. È quanto hanno riportato ieri il quotidiano Algemeen Dagblad e la radio olandese citando uno dei messaggi inviati dall’ambasciata americana in Germania, nel quale si cita la presenza di armi tattiche in Germania, in Olanda, in Belgio e in Turchia. «La presenza di armi tattiche americane a Kleine Brogel era un segreto di Pulcinella» per la popolazione locale, scrive ancora il quotidiano belga De Standaard, riferendosi alla base militare nelle Fiandre. Finora i governi dell’Olanda e del Belgio si sono rifiutati di confermare o negare la presenza di armi nucleari degli Stati Uniti nel loro territorio. La lista dei Paesi della Nato che accolgono armi nucleari americane non è mai stata né confermata né smentita. Se gli Usa confermano l’esistenza di queste bombe, osserva la versione online del quotidiano Le Soir, è probabile che questa volta il ministro della Difesa belga Pieter De Creme possa a sua volta confermarne la presenza.