Libertà di stampa. Il premio Unesco è stato assegnato ai giornalisti palestinesi
Una donna piange sulla salma di un defunto all'ospedale Abu Yusef al-Najjar di Rafah
Nella Giornata mondiale per la libertà di stampa, che si celebra oggi, è stato assegnato ai giornalisti palestinesi che seguono la guerra tra Hamas e Israele nella Striscia di Gaza il premio mondiale dell'Unesco per la libertà di stampa. Sono infatti esclusivamente palestinesi i reporter, compresi i fotografi, in grado di raccontare sul campo il conflitto poiché Israele, che controlla tutti gli ingressi nell'enclave, impedisce l'ingresso della stampa internazionale.
Tutti i giornalisti presenti a Gaza documentano il conflitto e, al tempo stesso, lo subiscono assieme alle loro famiglie. Un centinaio sono rimasti uccisi.
«In questi tempi di oscurità e disperazione, desideriamo condividere un forte messaggio di solidarietà e riconoscimento ai giornalisti palestinesi che stanno coprendo questa crisi in circostanze così drammatiche», ha dichiarato Mauricio Weibel, presidente della giuria internazionale di professionisti dei media. «Come umanità, abbiamo un enorme debito nei confronti del loro coraggio e del loro impegno per la libertà di espressione» ha aggiunto. Il direttore generale dell'Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura), Audrey Azoulay, ha detto che il premio rende «omaggio al coraggio dei giornalisti che affrontano circostanze difficili e pericolose».
Il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj), con sede a New York, dall'inizio del conflitto il 7 ottobre scorso, con il massacro di Hamas nel sud di Israele che causò 1.200 morti e il rapimento di 234 persone, ha registrato la morte a Gaza di almeno 97 giornalisti: 92 erano palestinesi.
Erano più di trent'anni che non si registrava un numero così alto di morti tra i giornalisti che coprono un conflitto. Non è stato così in Ucraina, né in Siria, né in Iraq.
La libertà di stampa nel mondo: prima Norvegia, ultima Eritrea
Nel suo rapporto annuale sulla libertà di stampa, Reporter Senza Frontiere denuncia che «un numero crescente di governi e autorità politiche non stanno adempiendo al proprio ruolo di garanti del miglior ambiente possibile per il giornalismo e del diritto del pubblico a notizie e informazioni affidabili, indipendenti e diversificate». QUI IL RAPPORTO
L'indice classifica 180 Paesi in base alla capacità dei giornalisti di lavorare e di riferire liberamente e in modo indipendente. L'Italia perde 5 posizioni rispetto all'anno precedente, piazzandosi 46esima. QUI LA CLASSIFICA
Tra i Paesi in cui la situazione è peggiorata l'associazione segnala l'Argentina del neoeletto presidente Javier Milei, mentre la Norvegia resta al primo posto per libertà di stampa - seguita da Danimarca e Svezia - con l'Eritrea scesa in ultima posizione al posto della Corea del Nord. Tra i cali più significativi figurano anche quelli di Afghanistan (178°), Togo (113°), Ecuador (110°). In fondo alla classifica, oltre a Eritrea e Corea del Nord, figurano anche Siria, Cina e Iran. Per l'organizzazione c'è stata «un'imitazione spettacolare dei metodi repressivi russi» in tutta l'Europa orientale e in Asia centrale, che si estende fino alla Serbia, «dove i media filogovernativi portano propaganda russa e le autorità minacciano i giornalisti russi in esilio».
Le regioni più difficili restano il Medio Oriente e il Nord Africa, dove la situazione è «molto grave» in quasi la metà dei Paesi: il Qatar sembrerebbe il Paese, in queste aree, in cui le condizioni per la libera stampa non sono difficili.
L'Europa è stata l'unica regione a includere Paesi classificati come «in buona situazione». Il Paese europeo dove le cose vanno peggio è la Grecia (88esima), dietro a Ungheria e Polonia: Atene sconta l'incapacità di gestire lo scandalo relativo alle intercettazioni dei giornalisti da parte dei servizi segreti e l'omicidio del veterano di cronaca nera Giorgos Karaivaz nel 2021.