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Gaza. La resistenza di Basel: colori e tavole per aiutare i bimbi a restare umani

Francesca Ghirardelli sabato 6 luglio 2024

I piccoli imparano a dipingere nella tenda di Basel

Si dedica alla sua arte soprattutto di sera e di notte, mentre nel campo gli altri dormono. «Ho fatto della tenda la mia residenza artistica, non un luogo da sfollato. Sfido così il terrore provocato dai bombardamenti», racconta Basel El Maqosui, artista e fotografo, insegnante d'arte e fondatore del collettivo Shababeek for Contemporary Art di Gaza. «Dipingo per mantenermi sveglio e sensibile, per rimanere un essere umano con cuore e sensi all'erta, affinché la guerra non mi porti via la mia umanità e la dignità». Fino a ottobre, viveva nel Nord della Striscia, a Beit Lahia, poi all’avvio del conflitto, ha raggiunto Gaza City, quindi Khan Yunis, Rafah e ora Deir al-Balah. «Occupo la maggior parte delle giornate a cercare cibo e acqua, a soddisfare le necessità dei miei figli, di mia moglie, dei nipoti. Poi vengono i laboratori artistici che tengo con i bambini e i giochi con loro», prosegue in chat. Online invia anche le foto delle sue ultime opere realizzate a carboncino, cupe, dalle linee fosche e primitive, terrificanti, che però alterna agli scatti dei workshop d’arte dove si vedono ragazzini contenti di poter usare i colori più accesi. «Io non raffiguro la guerra. Le fotocamere documentano meglio le scene di un conflitto. Io disegno momenti che una macchina fotografica non può catturare, li esprimo a modo mio, in maniera conciliabile con la riservatezza di ogni attimo che viviamo in questi tempi. Disegno la vita delle persone, il tentativo di preservarla, la loro sofferenza». Basel El Maqosui ha perduto la sua casa, dove conservava molte delle opere che ha realizzato tra il 2000 e il 2023. «Non è la prima volta che il posto dove vivo viene bombardato. È accaduto anche nel 2008, allora ero riuscito a estrarre alcuni dipinti dalle macerie» ricorda. «Li ho trattati come feriti di guerra, curati e sistemati, perché sono parte di me. Nel 2014 ho perso opere esposte in istituzioni e ministeri che le avevano acquisite. Ora sono andati perduti altri quadri e foto, la memoria del pc e i dischi rigidi esterni». Tra le tende e le macerie, nei vari luoghi in cui si è rifugiato, ha osservato i bambini per le strade, in coda ai panifici, mentre trasportano l'acqua e raccolgono cartone e legna da ardere. «Questa non era la loro vita prima del 7 ottobre. Sono cresciuti in fretta, un essere umano dimostra tre volte la sua età quando cerca di adattarsi a una vita che non è giusta per lui. Per preservare la mia e la loro umanità, ho iniziato a proporre laboratori di disegno nei centri di accoglienza». Ha comprato (a caro prezzo) carta e colori, e ha invitato i bambini a disegnare con lui. «L’arte è lo strumento con cui si aggrappano alla vita. Con il disegno cerco di aiutarli ad alleviare il terrore che li circonda ogni giorno, ogni secondo, a resistere alla paura connaturata in tutti, a Gaza. L'arte insegna loro ad affrontare il mondo, a interpretarlo e spiegarlo in modo creativo e innovativo». Le madri hanno apprezzato le attività di Basel El Maqosui, così gli hanno chiesto di tenere sessioni anche per loro. «Quelli sono stati i laboratori più difficili della mia vita. Con il disegno le madri hanno sfidato la guerra, hanno dipinto i sogni e le case ormai distrutte, e intanto piangevano. E io ho pianto con loro».