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Baghdad. Mosul, primi segnali di ribellione all'Isis

giovedì 31 luglio 2014
Dopo la distruzione di monumenti storici di Mosul da parte dei miliziani dello Stato Islamico, dopo la cacciata dei cristiani, tra gli abitanti della seconda città dell’Iraq ha preso forma il primo movimento di resistenza armata. Secondo testimoni locali, riferisce l’agenzia Fides, almeno 5 miliziani islamisti sarebbero stati uccisi nell’ultimo fine settimana in attacchi compiuti da giovani organizzati in gruppi armati di resistenza – le cosiddette “Brigate Mosul” – per contrastare il regime imposto alla città dagli islamisti. A provocare la reazione di rigetto nei confronti dei jihadisti sarebbe stato lo spettacolo della tomba di Giona fatta saltare in aria, perché considerata dagli islamisti un luogo di culto idolatrico. Anwar Ali, 23 anni, che si è unito alle “Brigate” per resistere agli occupanti, ha raccontato che vi fanno parte «studenti universitari, ex ufficiali dell’esercito ma anche semplici cittadini». La furia iconoclasta ha anche sparso l’allarme tra gli alleati “tattici” dell’Isis. Il quotidiano Al-Quds al-Arabi scrive che uomini armati del disciolto partito Baath avrebbero trasferito la salma di Saddam Hussein da al-Awja, suo paese natale, in un luogo sconosciuto per timore che il mausoleo possa essere distrutto dai jihadisti. Proseguono sugli altri fronti gli scontri tra l’esercito iracheno e i miliziani dello Stato islamico. Il capo delle operazioni militari nella provincia di al-Anbar ha annunciato ieri l’arresto di tre “emiri” dell’Isis vicino a Ramadi. Tra le persone arrestate un esponente di spicco del gruppo, Awad al-Hazimawi, la cui presenza nell’area era stata confermata da una “soffiata” dai servizi segreti iracheni. È senza dubbio opera di gruppi legati all’Isis l’esplosione a Baghdad di due autobomba in altrettanti quartieri sciiti, che hanno provocato almeno 12 morti e decine di feriti. Uno sviluppo importante sarebbe, in caso di conferma ufficiale, l’arrivo a Kirkuk, nella zona sotto controllo curdo, di un’unità militare iraniana composta da 200 uomini. Una fonte locale ha riferito al quotidiano al-Sharq al-Awsat che le truppe sono giunte via l’aeroporto di Sulaimaniya avvalendosi dell’aiuto dell’Unione patriottica del Kurdistan che fa capo all’ex presidente iracheno Jalal Talabani. La situazione dei cristiani iracheni è invece al centro dell’attenzione della Farnesina. Il ministro degli Esteri Federica Mogherini ha detto ieri alla commissione Esteri del Senato che il viceministro Lapo Pistelli andrà a Baghdad la prossima settimana perché «sulla questione dei cristiani in Iraq il nostro governo si è impegnato» e «c’è una iniziativa italiana su questo». In Siria per i cristiani la situazione non è certo migliore. Nel pomeriggio di mercoledì – riferisce ancora Fides – un missile lanciato dalle zone di Aleppo controllate dai ribelli è caduto vicino alla parrocchia armeno-cattolica della Santissima Trinità provocando la morte di tre armeni, due sorelle e un uomo. Nella provincia siriana di Deir el-Zor, finita il mese scorso in mano ai jihadisti, un nuovo editto fissa il codice di abbigliamento per le donne. L’abaya, la tunica lunga fino a piedi, dovrà essere larga, senza orpelli e senza alcun tipo di stampa. Proibite ovviamente le scarpe con i tacchi. Quelle che violeranno tali obblighi, avverte il comunicato dell’Isis, subiranno severe punizioni. Anche qui, le milizie curde sono in prima linea nella lotta contro i miliziani locali del Califfato. Ieri le “Unità di difesa popolare” curde si sono impadronite di alcune posizioni dell’Isis nel nord del Paese, dopo violenti combattimenti costati la vita ad almeno 49 persone, tra cui 14 curdi. Le operazioni si sono svolte nella zona di Ain al-Arab, località curda al confine con la Turchia.