La trattativa. Pescatori ostaggi in Libia, il pressing della Farnesina
Due pescherecci italiani nelle acque internazionali vicine al confine tra Libia e Tunisia
L’intricata matassa libica, con una raffica di dimissioni date o annunciate tra Tripoli e Bengasi, si interseca sempre più con quella dei 18 pescatori siciliani ormai segregati da due settimane a Bengasi, prigioniere delle milizie di Khalifa Haftar. Fayez al-Sarraj, premier del governo di Tripoli riconosciuto dalla comunità internazionale, secondo alcune indiscrezioni sarebbe intenzionato a dimettersi. Sarraj, precisa Bloomberg, potrebbe formalizzare le sue dimissioni alla fine di questa settimana per poi mantenere l’incarico ad interim fino ai colloqui a Ginevra previsti per il mese prossimo. Una mossa per alleggerire le pressioni dovute alle crescenti proteste popolari e per favorire un’intesa tra il governo di Tripoli e le autorità della Cirenaica per giungere alla composizione di un Consiglio presidenziale in grado di riunire tutte le parti e indire nuove elezioni.
Una prospettiva che rende ancora più complessa la trattativa della Farnesina per i pescatori di Mazara del Vallo nelle mani dei libici: afferma che il caso è complesso, chiede aiuto ai Paesi amici di Khalifa Haftar e annuncia un vertice di governo. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha sentito oggi le famiglie, il sindaco di Mazara del Vallo e gli armatori a cui ha assicurato che il pressing della Farnesina è «senza sosta». Di Maio, dopo aver parlato con il suo omologo degli Emirati arabi uniti, ha contattato il ministro degli Esteri russo, Sergeij Lavrov, entrambi molto influenti a Bengasi.
«L’azione deve essere corale », ha affermato Di Maio ai familiari dei pescatori e al sindaco di Mazara, precisando loro «il grado di complessità della situazione e dei tempi». A breve la questione sarà affrontato da un vertice di governo. La vicenda è diventata un caso diplomatico dal 4 settembre scorso, quando il Libyan Address Journal, legato al maresciallo Khalifa Haftar, ha sottolinea che i 18 pescatori (italiani e tunisini) «non saranno rilasciati finché l’Italia non farà altrettanto con quattro calciatori libici». Si tratta di 4 ex calciatori partiti da Bengasi nel 2015 e condannati a 20 e 30 anni di carcere e accusati di essere trafficanti di migranti. Secondo la loro difesa e i parenti dei giovani libici si tratta di un errore giudiziario perché sono solo «calciatori in cerca di fortuna».
Da allora le autorità libiche applicano in maniera rigida sanzioni nei confronti delle imbarcazioni straniere in quell’area di mare: spesso pescherecci stranieri vengono sequestrati.
La richiesta libica, poco dopo la visita di Luigi Di Maio a Tripoli e a Tobruk, non viene subito presa in considerazione perché a formularla non è una fonte ufficiale di Bengasi, ma con il passare dei giorni la questione si chiarisce e perfeziona nei contatti tra Roma e Bengasi. Intanto il governo dell’est guidato da al-Thani si è dimesso nelle mani del presidente del parlamento di Tobruk, Aguila Saleh. La presa di posizione di Di Maio è giunta dopo le accuse da parte di Matteo Salvini di aver abbandonato i familiari dei pescatori di Mazara del Vallo.