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Lutto per l'ex presidente di Israele. «Peres ci ha lasciato il dovere della pace»

Susan Dabbous giovedì 29 settembre 2016
Il silenzioso cordoglio della gente contrasta con le sirene e l’ingente presenza di sicurezza in città. Gerusalemme si prepara all’arrivo della salma di Shimon Peres, morto alle cinque del mattino di mercoledì 28 settembre. L’ex presidente era ricoverato da due settimane al Sheba Medical Center di Tel Aviv, in seguito a un grave ictus. Ed è proprio dall’ospedale che uno dei tre figli, Chemi Peres, si è rivolto ai giornalisti: «Mio padre era solito dire: sei tanto grande quanto la causa che servi. Nella sua vita e con le sue azioni ci ha lasciato in eredità il domani. Ci ha ordinato di edi- ficare il futuro di Israele con coraggio e saggezza, e di spianare sempre strade per un futuro di pace». Oggi sarà aperta la camera ardente alla Knesset, il Parlamento israeliano, dove sarà possibile porgere l’ultimo saluto dalle nove di mattina alle nove di sera. I funerali si svolgeranno invece domani mattina nel cimitero nazionale sul Monte Herzel, dove saranno presenti numerose personalità politiche della scena internazionale, tra cui il presidente americano Barak Obama, Bill Clinton senza la moglie, impegnata nella campagna elettorale, il presidente francese François Hollande e molti altri. Tantissimi finora i messaggi di cordoglio ricevuti dalla famiglia Peres, ma uno spicca tra tutti: è quello del presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, che in una lettera ha scritto: «Peres è stato un compagno instancabile e coraggioso nella costruzione della pace, dal processo di Oslo fino al suo ultimo respiro». Opposto invece il giudizio di Hamas. Sami Abu Zuhri, uno dei portavoce del partito islamista, ha esultato «per la morte di questo criminale », ricordando che, come ministro della Difesa, aveva condotto bombardamenti in cui erano rimasti uccisi centinaia di arabi.Con meno asprezza, la figura del Nobel per la Pace viene osteggiata anche da alcuni israeliani, molto critici verso i risultati ottenuti con l’accordo di Oslo che, secondo loro, avrebbe portato solo limitazioni geografiche su entrambi i lati senza veder mai nascere lo Stato palestinese. In Israele si è poi consapevoli che l’ex presidente era più popolare all’estero che in casa. Recentemente però la sua popolarità era decisamente accresciuta, soprattutto dopo il viaggio con Abu Mazen in Vaticano alla presenza di papa Francesco. Insieme, erano stati percepiti come figure benevole in un panorama di desolante conflitto. La stampa li aveva descritti come «nonni» intenzionati a lasciare un mondo migliore ai propri nipoti. Due anni dopo quell’incontro, i negoziati di pace sono al palo. Eppure la parola pace è stata la più evocata in queste ore di riflessione e raccoglimento. Ieri mattina il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha riunito il suo gabinetto e osservato un minuto di silenzio. Dopo aver espresso il suo «personale cordoglio» per la scomparsa dell’ex presidente che ha definito un «visionario » e un «campione della difesa di Israele». Netanyahu ha poi riconosciuto che il suo rivale politico aveva «dedicato la sua vita alla rinascita del popolo israeliano». Ora resta da vedere chi, dopo i funerali e l’imminente capodanno ebraico – ai primi di ottobre – raccoglierà l’eredità della difficile missione iniziata da Shimon Peres.
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