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PENA DI MORTE. Cina, a Pechino il «primato». Però il numero è in calo

Elena Molinari mercoledì 10 ottobre 2012
​Anche lo scorso anno nessuno le ha strappato il poco invidiabile primato: la Cina continua a essere la “patria” del boia. Secondo il rapporto annuale 2012 di “Nessuno tocchi Caino”, lo scorso anno Pechino la Cina ha mantenuto il suo “record” con 4mila esecuzioni sebbene, da quando nel 2007 la Corte Suprema ha assunto il potere di revisione sulle condanne capitali comminate dai tribunali minori, il ricorso alla pena di morte nel Paese sia sensibilmente diminuito. Nel suo ultimo rapporto Amnesty International ha invece “stralciato” la posizione cinese. Il motivo? L’organizzazione ha cessato di fornire dati basati su fonti pubbliche cinesi, poiché è probabile che sottostimino enormemente il numero effettivo delle esecuzioni: i dati sulla pena capitale sono infatti coperti dal segreto di stato.Fino al 2007 si parlava di 5-10mila esecuzioni all’anno nel gigante asiatico. In quell’anno fu stabilito che tutte le condanne a morte avrebbero dovuto essere approvate dalla Corte suprema di Pechino, più restia dei tribunali locali a comminare la pena capitale. Secondo “Dui Hua”, un’organizzazione basata negli Usa che si occupa soprattutto di detenuti, sembra che da allora le esecuzioni siano diminuite del 15%.La Cina sembra poi intenzionata a porre fine a un’altra pratica “inquietante”: il trapianto di organi dei condannati a morte. La decisione, annunciata a marzo dal viceministro alla salute Huang Jiefu, non prenderebbe però le mosse da intenti umanitari: il motivo di vietare in futuro il trapianto di organi dagli occupanti il braccio della morte delle carceri cinesi nascerebbe dalle cattive condizioni di salute di molti di loro. Il viceministro, infatti, ha spiegato che «il tasso di infezioni batteriche negli organi dei condannati a morte è di solito molto alto e questo comporta che a lungo termine il tasso di sopravvivenza dei pazienti con organi trapiantati in Cina è al di sotto della media di altri Paesi».