Il governo cinese ha riaffermato ieri il suo diritto a controllare strettamente Internet, respingendo di fatto l’ultimatum del motore di ricerca americano Google, che ha annunciato che manterrà le sue attività in Cina solo se sarà libero dalla censura. Ma la portavoce del ministero degli Esteri Jiang Yu, in una delle regolari conferenze stampa bisettimanali, ha detto che in Cina «Internet è aperta» e che le compagnie straniere «sono le benvenute» su Internet se «agiscono in accordo con la legge», lasciando aperto uno spiraglio a trattative che potrebbero essere in corso.Il direttore dell’ufficio stampa del Consiglio di Stato (il governo cinese) Wang Chen, in una nota, ha messo in guardia contro le «voci», gli «attacchi dei pirati cibernetici» e la pornografia, senza mai nominare Google ma senza mai dare l’impressione che Pechino sia pronta ad arretrare. «Il governo e i media – ha sostenuto – hanno la responsabilità di plasmare l’opinione pubblica».Anche la compagnia americana ha proseguito sulla strada intrapresa l’altro ieri, lasciando i suoi siti – sia Google.com che la sua versione locale Google.cn – liberi dai filtri richiesti dalla legge cinese e gli internauti hanno avuto accesso ai siti «proibiti» come quello del Dalai Lama, il leader tibetano in esilio inviso a Pechino, e quelli dei dissidenti che denunciano il massacro del 1989 di piazza Tienanmen. Oltre ai siti politici e ad alcuni siti pornografici, la «Grande Muraglia di Fuoco» della censura cinese impedisce l’uso dei più popolari siti di comunicazione sociale come Youtube, Facebook e Twitter.Il vicepresidente di Google David Drummond, annunciando mercoledì la decisione della compagnia, ha denunciato una serie di attacchi di «pirati informatici» provenienti dalla Cina che hanno preso di mira i dissidenti e gli attivisti dei gruppi umanitari che usano le “piattaforme” di Google. Drummond ha aggiunto che Google è pronta a discutere col governo cinese «della base sulla quale potremmo gestire un motore di ricerca senza filtri in accordo con la legge, se questo è possibile».La disputa sulla libertà di espressione rischia comunque di riflettersi negativamente sui rapporti tra Cina e Usa, già tesi a causa dei problemi commerciali e delle divergenze sulla lotta di cambiamenti del clima.