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LA NUOVA EUROLANDIA. Il patto di stabilità finisce nel mirino dell'Est Europa

Gianluca Cazzaniga giovedì 2 settembre 2010
Negli ultimi tempi il dibattito sulla riforma del patto di stabilità, che sancisce degli obiettivi di bilancio per i Paesi europei, si è intrecciato con il tema della riforma delle pensioni.Mentre la Commissione europea si appresta a proporre sanzioni più severe e semi-automatiche per gli Stati membri che non hanno i conti pubblici a posto, alcuni governi vogliono stornare le spese sostenute per riformare le pensioni dai propri bilanci. I Paesi che hanno aderito all’iniziativa (Svezia, Polonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Bulgaria, Romania, Slovaccia e Repubblica ceca) affermano che tali costi hanno un peso eccessivo sui loro livelli di disavanzo e debito pubblico. «Crediamo che il rafforzamento delle sanzioni e l’introduzione della semi-automaticità nella loro applicazione (un punto che noi sosteniamo fermamente) possa essere considerato solo se questa fondamentale ingiustizia e inefficienza nel patto di stabilità e di crescita viene corretta». Così si conclude la breve lettera che nove nazioni, Polonia in testa, hanno inviato recentemente alla Commissione europea e al presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy. Il tema sarà discusso dai ministri europei delle finanze che si riuniranno a Bruxelles il 6 settembre. «È del tutto pertinente mettere sul tavolo questo tema in questo momento», ha aggiunto il portavoce di Olli Rehn, il commissario europeo agli affari economici e monetari, precisando che «gli standard contabili dell’Ue sono decisi per consenso, quindi qualunque cambiamento deve trovare l’accordo di tutti e 27 i Paesi».La riforma delle pensioni è l’ultimo di una serie di temi sollevati in vista della revisione del patto di stabilità. Lo scorso giugno, ad esempio, durante l’ultima riunione dei leader europei, l’Italia ha promosso l’idea di considerare anche i debiti delle famiglie e delle imprese nel valutare la sostenibilità complessiva di un Paese. Anche se la Commissione ha prontamente precisato che si terrà conto essenzialmente del debito pubblico, e non di quello privato, per applicare eventuali sanzioni agli Stati che non rispettano le regole previste dal patto di stabilità. «Criteri come quelli del patto di stabilità, che sono mirati a porre dei limiti alla spesa pubblica, devono necessariamente limitarsi al debito pubblico, perché quella è la variabile direttamente sotto controllo del governo», ha spiegato ad Avvenire Marco Annunziata, capo economista del gruppo Unicredit. «Dall’altro lato, quello che si sta facendo nell’ambito della riforma del Patto di stabilità è cercare di dire: teniamo conto anche del debito privato, perché un governo deve giustamente guardare alla stabilità macroeconomica nel suo complesso, quindi deve guardare anche a cosa sta succedendo sul lato del debito privato», ha aggiunto l’analista, spiegando che l’Italia è stata vista con un occhio di maggior riguardo dai mercati finanziari, perché ha un debito privato più basso rispetto a quello di altri Paesi. A fronte di un debito pubblico tra i più elevati in Europa.Trascurato per diversi anni, il debito pubblico è tornato al centro della ribalta lo scorso maggio, quando Bruxelles ha pubblicato i punti chiave della riforma del patto di stabilità, in attesa di presentare le relative proposte di legge entro fine settembre. In assenza di correzioni appropriate, i Paesi con un rapporto tra debito pubblico e Pil superiore al 60 per cento saranno sottoposti alla procedura e alle sanzioni oggi riservata ai disavanzi eccessivi. Anche se finora le pene previste dal patto di stabilità non sono mai state applicate. A questo proposito, inoltre, l’esecutivo europeo punta a introdurre multe più severe e semi-automatiche per i governi che sforano i parametri del patto. I Paesi inadempienti rischiano di perdere gradualmente l’accesso ai fondi europei, anche se i destinatari dei pagamenti, in particolare le regioni e gli agricoltori non saranno colpiti da tali provvedimenti: i rispettivi governi verseranno i fondi in questione senza essere rimborsati da Bruxelles. Infine la Commissione vuole introdurre un semestre europeo in cui esaminare le leggi di bilancio nazionali prima che siano approvate dai rispettivi governi.La Germania, intanto, ha già fatto sapere che si opporrà a qualsiasi tentativo di allentare le regole delle Trattato dell’Unione Europea. Una posizione espressa qualche giorno fa direttamente dalla cancelliera Angela Merkel, nel corso della conferenza stampa con la collega premier della Slovacchia, Iveta Radicova. «Personalmente sono molto cauta verso i cambiamenti. Credo che il dibattito sul Patto diverrà molto complicato se dovesse emergere una tendenza ad allentare le regole quando sarebbe appropriato fare il contrario», ha detto la Merkel. Un chiaro stop proprio agli 8 Paesi della Ue che vorrebbero dedurre dal calcolo del deficit pubblico alcuni costi del Welfare e quelli delle riforme previdenziali.