Africa. Macron alla fine si arrende: inizia il ritiro dal Niger delle truppe francesi
Le proteste dei giorni scorsi davanti al quartier generale delle truppe francesi a Niamey
Alla fine Macron si è arreso: in settimana prenderà' il via il ritiro delle truppe francesi dispiegate da anni in Niger, conseguenza di un braccio di ferro diplomatico tra Parigi e la giunta militare al potere dal golpe del 26 luglio. Lo ha annunciato lo stato maggiore delle forze armate francesi, precisando che "lanceremo l'operazione di disimpegno questa settimana, in buon ordine, in sicurezza e in coordinamento con i nigerini". L'attuazione del ritiro dei soldati francesi è il punto di arrivo di un iter travagliato e carico di tensioni tra le nuove autorità al potere a Niamey, dopo l'estromissione dell'ex presidente Mohamed Bazoum, e l'ex potenza coloniale. Lo scorso 24 settembre, il presidente Emmanuel Macron aveva annunciato la fine della cooperazione militare col Niger e il ritiro progressivo dei 1.400 militari francesi dal Paese del Sahel, da completare "entro la fine dell'anno". Una decisione in linea con la volontà chiaramente espressa dai golpisti al potere, che hanno più volte denunciato gli accordi di difesa tra Niamey e Parigi. "Il popolo nigerino detterà le future relazioni con la Francia", ha replicato il 30 settembre Abdourahamane Tiani, alla guida del regime militare nato dal golpe, una settimana dopo l'annuncio del presidente Macron della partenza dell'ambasciatore francese da Niamey - avvenuta venerdì della scorsa settimana - e a seguire delle truppe tricolori.
"Faremo ciò che eè previsto, tutto si svolgera' secondo la pianificazione", assicura oggi lo stato maggiore francese. Tuttavia il regime militare accusa ancora la Francia di non essere "in una logica di uscita dal Niger" e sembra poco propenso a lasciar manovrare liberamente i soldati in partenza. Circa mille militari e aviatori francesi sono schierati nella base aerea di Niamey e altri 400 a Ouallam e Ayorou (Nord-Ovest), al fianco dei nigerini, nella cosiddetta zona dei "tre confini" tra Niger, Burkina Faso e Mali, fulcro degli attacchi dello Stato Islamico.
Sulla base di uno schema simile a quello attuato in Mali, dove il ritiro francese e' iniziato dai tre presidi più settentrionali del Paese, anche in Niger i soldati schierati nelle basi avanzate dovrebbero essere i primi a disimpegnarsi. "Stiamo adottando misure per garantire la sicurezza delle persone coinvolte nella manovra", ha precisato lo stato maggiore, in particolare sulla strada che collega le basi avanzate a Niamey. Un'operazione che si preannuncia complessa e lunga, pertanto potrebbe richiedere supporto aereo, in un contesto di deterioramento della sicurezza in Niger, teatro nelle ultime settimane di attacchi jihadisti che hanno provocato decine di morti. Per i militari, questo ritiro voluto dalla giunta metterà fine ad una situazione incerta da ormai due mesi: manifestazioni antifrancesi vengono regolarmente organizzate davanti alle loro porte a Niamey e i rifornimenti sono sempre più casuali.
Elementi della giunta al potere nello stadio della capitale durante una manifestazione contro la presenza francese in Niger - Ansa
Nella capitale del Niger, il compound francese ospita centinaia di uffici prefabbricati, hangar e rifugi modulari per aerei, tende sulla base vita, cabine pilota per droni, bulldozer ingegneristici. Dopo la conclusione del partenariato di combattimento su richiesta del Niger, la Francia aveva rafforzato la sua presenza nella capitale con veicoli corazzati ed elicotteri, venuti a rinforzare i cinque droni Reaper e almeno tre aerei da combattimento. La destinazione dei mezzi in partenza dal Niger non è' stata ancora decisa e al momento sul tavolo ci sono diverse opzioni: il territorio nazionale in via prioritaria, il vicino Ciad, che ospita il quartier generale delle forze francesi nel Sahel, oppure altri teatri africani in cui la Francia è presente. Secondo fonti militari che seguono il dossier, per ritirarsi dal Niger i soldati francesi non hanno altra scelta che utilizzare la via terrestre, transitando attraverso il Benin - opzione finora rifiutata dal regime militare nigeriano - o verso il Ciad. Una rotta che comporterebbe poi il trasporto dei container diretti in Francia in partenza dal porto di Douala, in Camerun. Per ora l'opzione del ponte aereo sembra compromessa in quanto, fino a nuovo ordine, le autorità nigerine vietano agli aerei francesi di sorvolare il loro territorio. Nel vicino Mali, il disimpegno delle truppe francese ha reso necessario l'intervento di 400 logisti inviati come rinforzi. Per lo smantellamento della base di Gao, la piu' grande in territorio maliano, sono stati necessari 6 mila container. Dal 2013 il Niger viene utilizzato come piattaforma di transito per le operazioni antiterrorismo condotte in Mali, prima di diventare il cuore del sistema di difesa francese nel Sahel, dopo il ritiro forzato delle truppe francesi dal Mali e dal Burkina Faso, a partire dall'estate del 2022, come conseguenza di colpi di stato militari in quei due Paesi africani. Il 9 novembre 2022 il presidente Macron ha ufficialmente decretato la fine dell'operazione anti-insurrezionale Barkhane, iniziata ad agosto 2014, guidata dall'esercito francese contro i gruppi islamisti nella regione africana del Sahel, con sede permanente a N'Djamena, capitale del Ciad.
La sua cessazione è stata motivata dagli "ostacoli politici, operativi e legali" incontrati da Parigi con i Paesi del G5 Sahel, sintomo dell'ormai indubbia erosione dell'influenza esercitata dalla Francia sulle sue ex colonie. In effetti, negli ultimi due anni, uno dopo l'altro, Mali, Burkina Faso, Gabon e Niger sono stati teatro di colpi di stato militari e di manifestazioni antifrancesi. Parigi, che non riconosce le nuove autorità al potere a Niamey, ha posto fine alla cooperazione allo sviluppo e ha limitato il rilascio di visti per i nigerini. Nel 2022 il Niger - uno dei Paesi più poveri al mondo - ha beneficiato di 120 milioni di euro di aiuti pubblici allo sviluppo da parte della Francia e dal golpe di luglio è soggetto a sanzioni da parte della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas), con conseguenze pesanti sui civili.