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In India. «Paralizzato» dalla condanna alla Russia il G20 economico finisce nel nulla

sabato 25 febbraio 2023

La segretaria al Tesoro statunitense, Janet Yellen, al vertice del G20 finanziario di Bangalore

Le divisioni sulla guerra in Ucraina hanno impedito al G20 dei banchieri centrali e dei ministri dell’Economia di produrre un comunicato finale condiviso. Alla fine del vertice di Bengaluru (Bangalore), iniziato venerdì e concluso ieri, la presidenza indiana ha potuto pubblicare solo un «riassunto e documento finale» in diciassette punti di cui due non sono stati firmati da Russia e Cina. Sono paragrafi interamente ripresi dalla dichiarazione finale dei leader del G20 al vertice di Bali, contengono un’esplicita condanna della Russia.

Nel primo il G20 «deplora con la massima fermezza l’aggressione della Federazione russa contro l’Ucraina e ne chiede il ritiro completo e incondizionato dal territorio dell’Ucraina». Nel secondo si ribadisce che «è essenziale sostenere il diritto internazionale e il sistema multilaterale che salvaguarda la pace e stabilità» e ciò include «la difesa di tutti gli scopi e i principi sanciti nella Carta delle Nazioni Unite e aderendo al diritto umanitario internazionale, compresa la protezione dei civili e delle infrastrutture nei conflitti armati».

A lungo era sembrato che anche l’India si sarebbe schierata dalla parte di Mosca. Giovedì scorso il rappresentante indiano all’Assemblea delle Nazioni Unite, insieme al collega cinese e a quelli di altri trenta Paesi, si era astenuto dal voto sulla risoluzione che chiede il ritiro delle forze russe dal territorio ucraino e auspica una pace «giusta e duratura». Alla fine invece l’India ha ceduto, ammettendo anche l’uso della parola «guerra» in riferimento all’invasione dell’Ucraina. Janet Yellen, ex presidente della Federal Reserve e oggi segretario al Tesoro degli Stati Uniti, al suo arrivo a Bangalore ha invece chiarito subito per Washington e anche per gli altri del G7 era «assolutamente necessario» avere nella dichiarazione finale una «condanna della guerra in Ucraina». La pressione qualcosa evidentemente ha portato.

Mentre i ministri e i banchieri centrali si riunivano a Bangalore, a Nuova Dheli il cancelliere tedesco Olaf Scholz incontrava il primo ministro Narendra Modi per convincerlo ad allentare la relazione con Mosca. Sul tavolo dell’incontro, il libero scambio tra India e Unione Europea e la vendita di sei sottomarini convenzionali ThyssenKrupp per cinque miliardi di euro. Un tentativo simile con la Cina, al momento, è impensabile. Il ministro dell’Economia tedesco Christian Lindner ha definito «deplorevole» la scelta di Pechino di schierarsi con la Russia. Per l’Italia, il ministro Giancarlo Giorgetti ha evidenziato che «le contorsioni sull’Ucraina e soprattutto la sfida climatica complicano e aumentano le divergenze. La sicurezza energetica e l’insicurezza alimentare stanno spaccando il mondo in due» ma si è anche detto «soddisfatto» per i passi avanti sul fronte della tassazione internazionale e della protezione della salute.

Il tema finanziario centrale del vertice doveva essere quello del debito dei Paesi poveri, ma le divisioni hanno in realtà impedito progressi significativi. Il Fondo monetario internazionale ha organizzato un incontro con la Banca Mondiale, il G7, Cina, India e Arabia Saudita: non ne è uscito nulla di più di un «impegno a superare le differenze per il bene delle nazioni» come ha detto Kristalina Georgieva, direttore del Fmi. La pressione è sulla Cina, maggiore creditore globale, perché accetti di rinunciare a una parte del credito che ha con i Paesi in via di Sviluppo. Pechino chiede il coinvolgimento della Banca Mondiale (in attesa del probabile nuovo presidente Ajay Banga) e di altre banche multilaterali. Ma i dettagli delle opzioni possibili non sono stati nemmeno discussi: se ne parlerà ad aprile agli incontri di primavera di Fmi e Banca Mondiale.

L’India ha invece ottenuto un certo consenso sulla necessità di una maggiore regolazione delle criptovalute. Un punto, almeno questo, su cui al G20 sembrano tutti d’accordo.