Bisogna che tutti riconoscano «la grande lezione della storia». E «il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà». È necessario capire che oggi «la religione non costituisce per la società un problema, non è un fattore di turbamento o di conflitto», ma al contrario qualcosa che ancora può dare molto alla crescita armoniosa del mondo. Per questo, allora, garantire il fondamentale diritto alla libertà religiosa, garantirlo in ogni forma e situazione, significa operare concretamente a costruire la pace nel mondo, eradicando violenza e terrorismo.È stato un discorso lungo, appassionato, coraggioso, quello che Benedetto XVI ha pronunciato ieri mattina nella tradizionale udienza riservata, come ad ogni inizio d’anno, al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Un discorso nel quale, ancora una volta, papa Ratzinger ha affrontato a viso aperto il delicato tema della libertà religiosa, declinando i tanti modi in cui essa venga ancora oggi conculcata. Dall’intolleranza crescente che si manifesta in alcuni Paesi islamici, con precisi riferimenti alle stragi recenti, all’Iraq e al Pakistan – con la richiesta di «abrogare» la discussa legge sulla blasfemia – alle situazioni dove, come in Cina, «la vita delle comunità religiose è resa difficile e talvolta anche precaria perché l’ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio, dello Stato sulla società». E fino all’Occidente, dove spesso si tende a considerare la religione come «un fattore senza importanza... o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale», fino a «pretendere che i cristiani agiscano» senza riferimento «alle loro convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse, come, per esempio, là dove sono in vigore leggi che limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto».Un discorso, insomma, davvero a trecentosessanta gradi, in cui il Papa non ha tralasciato né sottinteso nulla, per arrivare a ribadire che anche oggi «in una società sempre più globalizzata, i cristiani sono chiamati, non solo ad un responsabile impegno civile, economico e politico, ma anche alla testimonianza della propria carità e fede, per offrire un contributo prezioso al faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo umano integrale e per il retto ordinamento delle realtà umane». Un discorso con il quale, come ha rilevato il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi, Benedetto XVI «ha offerto oggi una serie impressionante di indicazioni su luoghi e situazioni in cui il diritto alla libertà religiosa viene palesemente violato, o messo in questione più o meno esplicitamente e radicalmente. Non si può certo rimproverare al Papa di non aver parlato chiaramente. Ognuno può comprendere senza difficoltà ciò che egli ha detto».Secondo Lombardi, del resto, difesa della libertà religiosa e dialogo interreligioso stanno diventando sempre più «tratti caratterizzanti» di questo pontificato; con il discorso di ieri al Corpo Diplomatico «il Papa ha aggiunto un nuovo capitolo di grandissima importanza al deciso impegno in favore della libertà religiosa nel mondo». Impegno che, pur mai trascurato, nei mesi recenti è diventato ancora «più incisivo nelle dichiarazioni pubbliche delle più alte autorità della Chiesa cattolica». E Lombardi ha ricordato in proposito gli interventi del Pontefice «in occasione del Sinodo per il Medio Oriente, il suo grande discorso a Londra alla Westminster Hall, i recenti appelli dopo i tragici attentati contro chiese cristiane in Iraq e in Egitto; o l’intervento del cardinale Segretario di Stato al vertice dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la Cooperazione in Europa,
ndr)ad Astana».