Anche sulle coste di Panama si è abbattuto lo tsunami della crisi economica. Un cataclisma accolto come una benedizione: gli investimenti esteri sono lievitati dagli 1,7 miliardi di dollari del 2009 ai 2,5 del 2011.È un mondo alla rovescia quello di Panama City, la capitale mondiale dei patrimoni off-shore. Il paradiso esentasse popolato da 120 istituti bancari nei quali mettere al sicuro quei quattrini che, per stare all’Italia, l’Agenzia delle Entrate vorrebbe far emergere dagli abissi dell’economia in nero.Gli esperti del ramo ricevono dall’Italia ogni genere di richiesta. Dall’idraulico di 38 anni che non sa più «come nascondere – si legge nell’ultima mail mandata a un’agenzia tributaria panamense – il fatturato in nero che rappresenta due terzi del mio reddito reale di 200mila euro all’anno». Fino al dentista di Bologna «con 30 anni di esperienza, sposato con una docente universitaria: vorrei trovare il modo – scrive nel fax appena trasmesso – per trasferire la proprietà dello studio medico in un Paese che non ci rapini con le tasse».Una risposta si trova quasi sempre. «La facilità di creazione e gestione delle società e fondazioni di diritto panamense – informa lo studio legale Dell’Aiuto, con sede a Roma, Bucarest, Taiwan e Panama –, è uno strumento a disposizione di imprenditoria e privati non solo come mezzo operativo, ma anche per la protezione del patrimonio». Dal 1932 Panama è il paradiso fiscale per antonomasia, un "tax haven" diventato uno dei maggiori centri finanziari del mondo. Stime semiufficiali (le autorità locali, infatti, non forniscono questo genere di informazioni) parlano di depositi bancari per oltre 51 miliardi di dollari.Le società off-shore di Panama offrono ai soci il più completo anonimato. Operando da un territorio "fuori bordo" si riesce a limitare la responsabilità degli azionisti tagliando o azzerando il carico fiscale.Agli italiani fare business tra un grattacielo e un chiosco di frutta tropicale piace parecchio. Ogni anno quasi 15mila nostri connazionali si recano sulle coste a pochi passi dal celebre Canale navale. Il 33% di essi, stando al centro di statistica panamense, arriva per affari. E gli affari a Panama si fanno soprattutto in banca. Il 24,5% del capitale straniero sbarcato nel 2011 è stato destinato al settore del credito, il 16,4% verso la Zona Franca di Colon, il 59,1% è ad altre attività imprenditoriali private, tra cui le migliaia di finanziarie off-shore.Le tariffe, del resto, invogliano. Per costituire una società a tasse zero «il prezzo, in rapporto ai vantaggi – dicono i legali della "Opm Corporation", specializzata in "alleggerimento" fiscale – è irrisorio: 1.180 euro tutto compreso». La gestione ha costi alla portata di chiunque: poco più di 150 euro l’anno per la delega generale notarile e il pagamento di una imposta annuale unica per circa 500 dollari (390 euro) a partire dal secondo anno di attività. Nient’altro.Il trucco c’è, ma è pressoché impossibile venirne a capo. Merito di un sistema normativo che blinda i nomi degli investitori-evasori attirando capitali con tariffe per ogni tasca. Alle autorità locali i nomi non interessano. Le società panamensi non hanno obbligo di presentare bilanci né dichiarazione dei redditi e possono essere amministrate da qualsiasi parte del mondo. Volendo, si può ottenere l’anonimato assoluto, nascondendosi perfino alle stesse autorità panamensi: i nomi dei dirigenti della società fittizia vengono forniti dallo studio legale, unico depositario di una verità che con le leggi attuali non può essere rivelata neanche alla banca centrale.«La Repubblica di Panama è una giurisdizione estremamente innovativa e flessibile dal punto di vista del diritto societario. Le Società Anonime (S.A.) hanno uno statuto "generico", quindi – spiegano dallo "Studio legale internazionale", con uffici anche in Lussemburgo, Svizzera e Canarie – adatto a ogni attività, inclusa quella marittima, e possono essere incorporate in pochi giorni». Per chi desidera proteggere i propri investimenti dalla tassazione selvaggia, la «migliore opzione é quella di prendere la residenza all’estero – suggerisce ancora "Opm Corporation" –: in un paradiso fiscale o in un Paese terzo e poi operare da un paradiso fiscale». I costi, in questo caso, vanno dai 3mila ai 5mila euro, a seconda che si tratti di Città di Panama o della Repubblica Dominicana. Per attirare nuovi e facoltosi cittadini, Panama offre un programma che permette di ottenere il passaporto locale a patto di lasciare sotto il sole dei tropici almeno 175mila dollari, depositati in un conto del Banco Nacional. Tutto sommato, un buon affare. La banca centrale garantisce infatti un interesse annuale superiore al 5%, pari a una rendita di circa 750 dollari mensili, abbastanza per pagare due domestici locali.Appena qualche giorno fa, un rapporto della Guardia di Finanza della Lombardia segnalava che «per i gruppi societari «è forte la tentazione di mettere in atto manovre anti-tasse». La pratica più diffusa è proprio quella delle «triangolazioni fra più società, spesso collocate in Paesi diversi», le cosiddette esterovestizioni, costruite per aggirare la normativa fiscale. E a Panama la «fiesta» è appena cominciata.