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EMERGENZA UMANITARIA. Pakistan nel caos: sfollati cristiani ancora senza cibo

Stefano Vecchia giovedì 21 ottobre 2010
Nel Pakistan devastato dalle alluvioni, e il cui governo lamenta la mancanza di un sostegno adeguato da parte internazionale, i cristiani tornano ad accusare le autorità di discriminazione nei loro confronti. Le recenti segnalazioni di una non equa divisione dei soccorsi partono – come già nelle prime fasi dell’emergenza – dalla provincia meridionale del Sindh, allagata per ampie regioni dall’esondazione del fiume Indo e dall’apertura delle chiuse degli invasi artificiali. «Sappiamo di cristiani a cui sono stati negate razioni di cibo in aree interne del Sindh. Una notizia scoraggiante, dato che la maggior parte di coloro a cui portiamo il nostro aiuto sono musulmani», ha detto Shamas Shamaun, responsabile della Caritas per la diocesi di Hyderabad. Ricorrenti ma difficili da confermare le voci che segnalano difficoltà per i cristiani di accedere ai campi profughi e alle razioni alimentari nella provincia, come segnalato nella città di Thatta. Altre accuse provengono dalle aree tribali confinanti con l’Afghanistan e dalla provincia del Punjab. Nella regione del Khyber Pakhtunkhwa, il direttore del Programma di assistenza della diocesi di Peshawar, Ashir Dean, ha condannato la discriminazione in atto nella distribuzione dei soccorsi: «Il governo, come pure alcune organizzazioni non governative danno priorità alle vittime musulmane delle alluvioni», ha denunciato Dean all’agenzia “Uca News”. Dal Punjab, dal villaggio di Khushpur, il maggiore insediamento cattolico in ambito rurale del Paese, arriva anche la denuncia di Stephen Rufin, ex catechista. «Le autorità favoriscono le persone della stessa fede. Nonostante il ministro per le Minoranze (il cristiano Shahbaz Bhatti) sia nato nel nostro villaggio, non riusciamo ad avere alcun aiuto dal governo», ha detto Rufin, riferendosi al sostegno in denaro equivalente a 235 dollari per ciascuna famiglia che è parte dei programmi di assistenza governativa e che sembra avere aggirato l’area di Khushpur. Il villaggio non è stato incluso nel programma e i cattolici locali sono stati lasciati a se stessi. Solo la fornitura di materiale edile da parte della Caritas ha reso possibile dalla fine di settembre l’avvio della ricostruzione e del restauro delle abitazioni distrutte o danneggiate.Sono stati 200mila i cristiani colpiti nel Punjab e 600mila i cristiani e gli indù che hanno avuto la vita sconvolta dall’avanzare delle acque nel Sindh. A questo e alla difficoltà di intervenire adeguatamente a loro sostegno anche per mancanza di fondi, vanno aggiunti i danni agli edifici religiosi e ai luoghi di aggregazione della Chiesa cattolica, definiti «ingenti». Da parte sua, in un segno concreto di fratellanza e impegno, la Caritas pachistana ha finora sostenuto oltre 25mila famiglie in tutto il Paese, di cui soltanto 1.678 appartenenti alle minoranze religiose, cristiani inclusi. A tre mesi di distanza dall’avvio delle catastrofiche inondazioni che hanno colpito il Paese interessando 21 milioni di abitanti e provocando - oltre a 2mila morti - danni immensi all’agricoltura e alle infrastrutture, la situazione in Pakistan resta assai difficile. Per le agenzie delle Nazioni Unite sono almeno 7 milioni i pachistani ancora senzatetto, minacciati dalle malattie e sovente al limite della sopravvivenza alimentare. L’appello delle Nazioni Unite ai Paesi membri perché intervengano con almeno 2 miliardi di dollari è finora andato in parte eluso. Tra le ragioni di una lenta risposta dei donatori, vi è anche la percezione di una concreta difficoltà del governo di Islamabad a contrastare l’influenza del radicalismo islamista di stampo taleban che gioca sulla difficoltà della democrazia pachistana minata dal ruolo di servizi segreti ed esercito, ma anche sull’insoddisfazione di tanta parte della popolazione verso uno sviluppo frenato da corruzione e tribalismo.