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Allarme. Pakistan, «l’erosione» dei cristiani: sono scesi all'1,27% della popolazione

Stefano Vecchia sabato 22 maggio 2021

Manifestazione contro le persecuzioni dei cristiani a Lahore

I risultati del sesto censimento nazionale del Pakistan dall’indipendenza sono stati diffusi solo il 18 maggio a quasi quattro anni dal suo completamento nel 2017. Prevedibile l’incremento di popolazione, sebbene con un ritmo inferiore al passato che ha portato i pachistani ad essere 207,68 milioni. Prevedibile per alcuni, frutto di manipolazioni per altri, il calo dei cristiani, scesi all’1,27 per cento della popolazione contro l’1,59 per cento del censimento precedente, quello del 1998 quando gli abitanti registrati furono 132,35 milioni.
Le analisi di questo dato vedono opinioni discordanti, ma un elemento di continuità valido sia per i cristiani, sia per l’altra consistente minoranza, quella indù, riguarda l’emigrazione all’estero, con un gran numero di espatriati o rifugiati in numerosi Paesi (sono almeno 5mila i cristiani profughi nella sola capitale thailandese Bangkok, molte migliaia in diverse nazioni asiatiche e altrove). Sicuramente un peso hanno le difficili condizioni di vita segnate dalla segregazione ma anche dalla povertà, con più dell’80 per cento dei cristiani raccolto in famiglie da sei a otto componenti in abitazioni di due sole stanze.
Molti battezzati – in particolare nella provincia del Punjab dove, indica il censimento, sono l’1,8 per cento degli abitanti – si aggregano in colonie-ghetto dove la maggior parte degli adulti ricava di che vivere dalla pulizia delle fognature. I già limitati progetti di sviluppo delle comunità avanzano lentamente, quando non sono del tutto bloccati dalla mancanza di fondi o dall’opposizione di altri interessi, mentre persino i cimiteri sono in condizioni di forte degrado. Se tra le opere fondate o condotte dai battezzati vi sono iniziative educative riconosciute per la loro qualità, il 65 per cento dei cristiani resta analfabeta o semi-analfabeta. Il dato della contrazione della presenza cristiana nel Paese ha provocato reazioni. Diversi osservatori citano come causa prima le conversioni all’islam, forzate o scelte per migliorare le proprie condizioni di vita, mentre altri segnalano la crescente «invisibilità» della comunità.
«La nostra comunità non dà l’importanza dovuta ai documenti d’identità, al contrario i latifondisti dei distretti a maggioranza indù della provincia del Sindh garantiscono che ne siano in possesso anche le famiglie con pochi componenti per assicurarsi una consistente banca di voti», ha denunciato all’agenzia UcaNews monsignor Samson Shukardin, vescovo cattolico di Hyderabad. «I cristiani restano divisi e non associati ad alcun partito. Così, mentre crescono le violenze nei loro confronti, si ritrovano senza alcuna tutela».