In difficoltà per la crescente aggressività dell’islamismo politico, il Pakistan è costretto ancora una volta a fare i conti con la persecuzione delle minoranze. Giovedì, 55 cristiani e un musulmano sono stati accusati di avere dissacrato centinaia di tombe in un cimitero islamico a Faisalabad, grosso centro della provincia del Punjab. Di conseguenza, rischiano di essere giudicati in base alla legge antiblasfemia. Secondo il
Pakistan Christian Post , almeno uno dei cristiani sarebbe già stato arrestato. La comunità si è difesa sostenendo che il terreno le era stato assegnato per edificare. Oltretutto, il cimitero non era più utilizzato da tempo. La profanazione, dunque, non esisterebbe. Al contempo, l’agenzia
Fides ha diffuso la notizia di due donne rapite e costrette a convertirsi all’Islam per sposare due musulmani. Non è la prima volta che accade nel Paese. Tutt’altro. Il sequestro di giovani delle minoranze per darle in moglie a islamici è una tragica routine. Sarebbero un migliaio le donne di fede cristiane e indù costrette ogni anno a sposare un islamico ma, per il timore di rappresaglie sulle famiglie, raramente i casi vengono denunciati.Anche per gli ultimi due casi, la segnalazione è arrivata dopo anni di maltrattamenti. Per questo, conferma il cristiano Sardar Mushtaq Gill, avvocato e attivista per i diritti umani, «sono molto difficili e delicati da trattare». «Ho contattato alcuni religiosi musulmani, chiedendo loro un parere. Hanno risposto che forzare sia la conversione, sia il matrimonio è un atto illegale e illecito anche per la legge islamica», ha aggiunto Gill. Tuttavia, non è facile convincere i fondamentalisti che manipolano l’islam. Come dimostra la storia di Sairish, una delle due donne in questione, rapita nel 2009: solo dopo anni di matrimonio questa ha trovato il coraggio di cercare assistenza legale e sicurezza. Se, tuttavia, ora abiurasse la fede imposta rischierebbe la morte per apostasia. La strumentalizzazione della legge e dell’islam è evidente. Le notizie, poi, arrivano in un momento di particolare tensione tra il governo e gli islamisti. Questi ultimi continuano a chiedere le dimissioni del primo ministro, Nawaz Sharif. L’esecutivo è da due settimane sotto assedio, nonostante la capitale sia controllata dalle Forze armate. Stanca di instabilità e conflitti e anche stanca dell’arroganza di chi usa la religione come arma e pretesto, la maggioranza del Paese è, però, con il premier. Quest’ultimo ha ribadito che non intende dimettersi.I due rivali di Sharif – l’ascetico Tahir ul Qadri e l’ex playboy e campione di cricket Imran Khan – sono fautori di un islamismo ideologizzato e radicale. Pur con differenti sfumature. Khan, in particolare, ha portato il suo partito, Pakistan Tehreek-e-Insaf, al potere nella difficile provincia di Khyber Pakhtunkhwa anche per l’accordo di non belligeranza con il movimento taleban. L’entusiasmo con cui ieri il Tehreek-e-Taliban Pakistan Jamatul Ahrar – fazione scissionista dal movimento taleban – ha accolto l’annuncio di un’estensione all’Asia meridionale delle azioni di al-Qaeda desta profonde inquietudini. «Diamo il benvenuto alla nascita di una succursale di al-Qaeda nel subcontinente indiano – ha segnalato il capo Ehsanullah Ehsan su Facebook e Twitter –. Crediamo che questa si impegnerà a fondo per i diritti dei musulmani nel subcontinente». Non una buona notizia per i diritti dei non musulmani e degli stessi islamici che si battono contro l’estremismo.