Pakistan. Per la morte di Sana indagate anche la madre e la zia
L'italo pachistana Sana Cheema (Ansa)
Sono indagate anche la mamma e la zia di Sana Cheema, la giovane l’italo-pakistana morta il 18 aprile in Pakistan in circostanze poco chiare. Per l'omicidio sono già stati arrestati il padre della ragazza, Mustafa Ghulam Cheema, e al fratello Adnan
che sono in carcere.
Intanto proprio il padre nega di aver confessato, mentre la polizia pachistana conferma che la ragazza è morta strangolata. «Non è vero che abbiamo confessato. Se il referto dei medici legali dice che Sana aveva l'osso del collo rotto - ha detto il padre - è perché deve aver battuto la testa contro il bordo del letto o il divano». Secondo il padre della ragazza, «se le cose sono andate così è per il volere di Allah». «È vero - ha aggiunto - Sana era più italiana che pachistana, aveva ormai una mentalità diversa dalla nostra. Ma nessuno le voleva imporre nulla, solo farle capire che il ragazzo che diceva di amare era già promesso sposo di un'altra donna e che non voleva saperne di lei. Mia moglie ha provato a mettere quel ragazzo alle strette: o la sposi o smettete di vedervi, gli aveva detto. E infatti dopo quel colloqui Sana si è convinta a tornare qui al villaggio».
Le indagini
Il cadavere era stato fatto riesumare dalle autorità pachistane grazie al clamore suscitato sulla stampa italiana dalla scomparsa della ventiseienne che viveva da anni a Brescia. Il laboratorio forense del Punjab, che ha analizzato la salma, ha accertato ieri che «l’osso del collo è stato rotto», indizio che orienta decisamente verso l’ipotesi di uno strangolamento e non – come avevano sostenuto i parenti fin dall’inizio – nel senso di una morte in seguito a malore cardiaco.
Del resto la polizia aveva già raccolto testimonianze secondo le quali il padre della ragazza, Ghulam Mustafa, voleva imporle le nozze con un parente connazionale, mentre la giovane avrebbe voluto sposare un italiano. Di qui la decisione di ucciderla il giorno prima che tornasse in Italia, da cui era partita alla fine del 2017 probabilmente per chiarire in modo definitivo la questione con la famiglia d’origine. Invece proprio il papà, con l’aiuto del figlio Adnan Mustafa e del fratello Mazhar Iqbal (tutt’e tre si trovano in un carcere pakistano dal 24 aprile e rischiano la pena di morte), avrebbe organizzato ed eseguito il "delitto d’onore", seppellendo poi in tutta fretta Sana lontano dal cimitero di famiglia. Secondo i media pakistani, i genitori della donna hanno anche consegnato all’ambasciata italiana documenti falsificati.
La storia di Sana
Sana aveva preso la nostra cittadinanza un anno fa, ma era in Italia da 14 anni e dopo gli studi si era messa in proprio aprendo un’agenzia di pratiche automobilistiche e una scuola guida specializzata nell’assistenza ai suoi connazionali e comunque agli stranieri, attività che però ha chiuso all’improvviso alla fine del 2017 per tornare in Pakistan. Sono stati proprio i conoscenti e gli amici bresciani a insospettirsi e a lanciare l’allarme dopo l’annuncio della morte "per cause naturali" della ragazza, considerata anche la strana e immediata scomparsa dei suoi profili Facebook e Instagram.
La comunità pakistana di Brescia ha reagito alla notizia dell’esito dell’autopsia esprimendo per bocca del responsabile Jabran Fazal «oltre alla rabbia e al dolore una forte condanna per questo atroce delitto. Stiamo organizzando una manifestazione di solidarietà e ricordo per Sana Cheema, perché vogliamo verità e giustizia». «Brescia vuole giustizia – ha dichiarato anche Paola Vilardi, consigliere comunale e candidato sindaco per il centrodestra nella città lombarda –. Chiedo ufficialmente al sindaco di attivarsi affinché la salma di questa giovane venga riportata nella nostra città».