TURCHIA. Monsignor Padovese, l'assassino condannato a 15 anni di carcere
Murat Altun, il killer di monsignor Luigi Padovese è stato condannato ieri a 15 anni di carcere. A decidere la sentenza è stato il tribunale di Adana da cui dipende Iskenderun, luogo dove è stato consumato il delitto, il 3 giugno 2010. Si conclude così una vicenda giudiziaria durata quasi tre anni e nella quale rimangono molti lati oscuri, primo fra tutti il movente che spinse Altun, all’epoca 26 anni, a uccidere il vescovo, che per anni aveva aiutato sia lui sia la sua famiglia.Padovese fu ucciso mentre si trovava nella residenza estiva del vicariato apostolico dell’Anatolia. Il delitto produsse molto clamore in Turchia perché Altun, che da cinque anni lavorava per il vicario apostolico come autista, era una delle persone di cui il religioso si fidava maggiormente. L’assassino fu catturato preso poche ore dopo il delitto, confessando di aver ucciso monsignor Padovese perché rappresentava il diavolo. Da quel momento il giovane cambiò idea svariate volte, fino a dirsi «profondamente pentito del gesto» e definendo il vicario apostolico «l’ultima persona che poteva fargli del male». Il giovane ha sempre detto che al momento dell’omicidio non era nel pieno delle sue facoltà, ma esami tossicologici effettuato subito dopo il suo arresto lo avevano smentito e non avevano rilevato tracce né di alcol né di droga. Stando agli esperti di diritto l’assassino potrebbe rimanere in carcere meno del previsto. Altun infatti ha già scontato quasi tre anni di reclusione, che verranno sottratti alla pena totale. In caso di buona condotta, poi, la sua pena potrebbe essere ridotta ad appena 6 anni e 5 mesi. Subito dopo il delitto nel Paese si erano diffuse diverse voci sul movente del delitto, che rimane ancora oggi un mistero. La stampa più vicina agli ambienti islamici aveva scritto che Altun, durante la sua deposizione alla polizia, aveva paragonato «Padovese a Satana» e dicendo che aveva «cercato di convertirlo». Altri quotidiani ritengono invece che Padovese potesse avere «dato fastidio ad alcuni ambienti locali», che avrebbero «costretto Altun all’omicidio ricattandolo». Il vicario apostolico dell’Anatolia, infatti, era una delle personalità più in vista e stimate del Paese, soprattutto dal fronte islamico-moderato al governo. Dopo l’inizio del processo l’avvocato della difesa aveva cercato di fare ottenere all’assassino l’infermità mentale, ma i referti dell’ospedale di Adana, che definivano Altun «malato di mente», sono stati drasticamente ribaltati dai periti della procura di Istanbul, secondo i quali l’assassino agì nel pieno delle sue facoltà mentali.