Premio Onu. Mayerlin, Sabuni, Rana e le altre: ecco le donne che aiutano i rifugiati
Mayerlín Vergara Pérez
Le Nazioni Unite hanno premiato cinque donne per il loro impegno a favore dei rifugiati, un riconoscimento tutto al femminile sia al livello mondiale che regionale, decisione mai presa prima. E’ andato all’attivista colombiana Mayerlín Vergara Pérez il Nansen Refugee Award 2020, uno dei massimi tributi nel settore umanitario rivolto a chi si occupa delle persone costrette a lasciare le loro terre, assegnato a partire dal 1954 dall’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr).
Originaria di Sahagún, nel nord del paese, Mayerlín (45 anni), per tutti Maye, è la responsabile della regione caraibica della Renacer Foundation, ong che da oltre trent’anni presta soccorso a bambini e adolescenti che hanno subito abusi sessuali. L’America centrale è crocevia per migliaia di migranti che dal sud e dal centro del continente si spostano verso il nord e il Messico nel tentativo di entrare negli Stati Uniti: tra illegalità e povertà i minori sono le prime vittime. “Persone come Maye rappresentano il meglio di noi. La sua ricerca coraggiosa e disinteressata per salvare e proteggere alcuni dei bambini più vulnerabili del mondo è a dir poco eroica – E’ la motivazione spiegata da Filippo Grandi, il diplomatico italiano alla guida dell’Unhcr – Lei incarna l’essenza di questo premio. La sua incrollabile dedizione ha salvato la vita di centinaia di bambini rifugiati e ha ridato loro speranza in un futuro migliore”.
Pochi giorni prima dell’assegnazione del premio al livello mondiale erano stati annunciati i vincitori al livello regionale, tutte donne: una prima destinata a passare alla storia perché non era mai successo in tanti anni di vita del prestigioso riconoscimento.
Sabuni Françoise Chikunda (49 anni), insegnante congolese scappata in Uganda, fondatrice del Kabazana Women’s Centre, è stata scelta in rappresentanza dell’Africa; mentre a Rozma Ghafouri (29 anni), afgana rifugiata in Iran, allenatrice di calcio, co-fondatrice di Youth Initiative Fund, è andato il premio per l’Asia. Nella regione Europa, invece, l’UNHCR si è concentrata sul conflitto tra Ucraina e Russia del 2014 e il riconoscimento è stato assegnato a Tetiana Barantsova (46 anni) per la sua associazione “AMI-Skhid”, attiva nel Donbass e che presta aiuto alle persone disabili (lei stessa è sulla sedia a rotelle per un incidente quando era bambina).
Di tutte le attiviste omaggiate la più nota è Rana Dajani, in rappresentanza del nord Africa e del medio oriente. Una donna che ormai è una icona nel mondo arabo-islamico: nata in Arabia Saudita ma cittadina giordana, è professoressa di Biologia molecolare, con collaborazioni anche ad Harvard (USA), e ha condotto pionieristiche ricerche genetiche tra le minoranze carcassa e cecena del Regno Hashemita. In questi mesi di pandemia da Covid-19 è stata impegnata, con altri colleghi, nella sperimentazione di un test economico e veloce per la popolazione. Quattro figli, padre palestinese e madre siriana, Rana Dajani non è stata premiata per il suo illustre CV scientifico ma per la ong da lei stessa fondata, We Love Reading, dedita all'accesso alla lettura per bambini e adolescenti che vivono nei campi profughi. Un’iniziativa umanitaria ormai conosciuta in tutto il mondo e che l’ha resa popolarissima tanto quanto i suoi studi di Biologia molecolare.
L’annuncio degli attivisti premiati con il Nansen Refugee Award arriva nella settimana che precede l’assegnazione del Nobel per la Pace, in programma venerdì 9 ottobre. E proprio Fridtjof Nansen, esploratore e diplomatico norvegese, nel 1922 venne insignito del Nobel per la Pace in qualità di Alto Commissario per i Rifugiati dell’Onu. A lui si deve il Passaporto Nansen, che dopo la Prima Guerra Mondiale salvò migliaia di sfollati senza più patria, tra cui personalità famose come il pittore Marc Chagall, il fotografo Robert Capa e la famiglia di armatori greci Onassis.