Mondo

L'allarme. L'Onu: «Apartheid climatico, solo i ricchi sfuggiranno alla fame»

Lucia Capuzzi martedì 25 giugno 2019

Incendi a Malibu, in California, nel novembre 2018 (Ansa/Ap)

Apartheid climatico. Il paragone è volutamente forte come la minaccia che pende sul prossimo futuro mondiale. Al divario “classico” e crescente fra ricchi e poveri, si sovrappone – acuendone gli effetti – la differente capacità di risposta di fronte alle conseguenze del riscaldamento globale. Gli sconvolgimenti ambientali colpiscono tutti. Molto più arduo – anzi, praticamente impossibile –, però, per i Paesi e gruppi sociali con meno risorse difendersene. Al contrario, le nazioni ricche «riusciranno ad operare gli aggiustamenti necessari ad affrontare temperature sempre più estreme». Un evidente paradosso. Il Sud geopolitico del planisfero è responsabile del 10 per cento delle emissioni, eppure dovrà subirne il 75 per cento delle ricadute, precipitando in una situazione di “apartheid” di fatto. A dare l’allarme è stato Philip Alston, relatore speciale dell’Onu sui diritti umani e la povertà estrema che ha presentato a Ginevra una corposa ricerca di esperti indipendenti.

I quali, di fatto, ribadiscono il concetto cardine della Laudato si’ di papa Francesco, ovvero l’intima relazione tra «il grido della terra e quello dei poveri». Lo studio Onu supporta le proprie affermazioni con una sfilza di dati. Il cambiamento climatico rischia di annullare i progressi fatti negli ultimi 50 anni per lo sviluppo, la salute globale e la lotta alla fame. Producendo, in poco più di dieci anni – entro, cioè, il 2030 –, almeno 120 milioni di nuovi poveri. Non solo. Entro il 2050, altre 140 milioni di persone perderanno la casa a causa di qualche disastro naturale, ingrossando il fiume dei profughi ambientali. «I benestanti potranno pagare per sfuggire al surriscaldamento, alla fame e ai conflitti mentre il resto del pianeta sarà lasciato a soffrire», ha tuonato il relatore Onu.