Olanda. Prima diga al populismo, l'Europa respira. Ma l'integrazione è tutta da fare
Un mulino a vento adibito a seggio elettorale a Oisterwijk, nell'Olanda centromeridionale. L'affluenza al voto è stata del 78% (Ansa)
Passata la notte della grande paura, per Mark Rutte, vincitore nello scontro elettorale con il leader islamofobo Geert WIlders, inizia ora una partita non meno complicata. Perché se il populismo per ora è stato fermato, se la diga olandese ha tenuto facendo tirare un sospiro di sollievo alle cancellerie di tutta Europa, la questione non si può dire esaurita con il voto di ieri. Se le risposte di Wilders sono state giudicate dalla maggior parte degli elettori sbagliate, le domande e le inquietudini di un Paese che per mesi nei sondaggi sembrava voler premiare il Partito per la libertà di Wilders restano tutte sul tavolo, presenze ingombranti in un’Olanda che fino a qualche anno fa si era illuso di aver trovato tutte le soluzioni al tema dell’integrazione e del multiculturalismo.
Non è un caso se il premier liberale-conservatore è riemerso nelle ultime settimane proprio grazie ad una linea più dura anche e soprattutto su questo punto. Rutte ha vinto pur avendo perso otto seggi e vedendo di fatto sconfessata la sua azione di governo, stante anche il crollo degli alleati laburisti, quelli che più hanno pagato questi anni all’insegna dell’austerity e dei tagli allo stato sociale. La polarizzazione si è fatta più netta: da una parte lo scontro tutto a destra per il primato tra Rutte e Wilders, dall’altra l’avanzata di partiti progressisti come il D66 e dei Verdi di sinistra di GroenLinks del giovane Jesse Klaver, considerato da molti una speranza per il futuro.
Probabile che il governo sarà formato da un’alleanza di almeno quattro partiti: il premier uscente potrebbe dover contare su cristiano-democratici e D66, ma per arrivare a una maggioranza (76 seggi sui 150 della Camera bassa) gli toccherà trovare un ulteriore alleato. E sarà giocoforza un’alleanza precaria. Su molti temi il D66 ha una visione completamente diversa rispetto a quella dei liberali-conservatori di Rutte, per non parlare di un’eventuale aggregazione coi Verdi. Certo la quadra si troverà, perché l’Olanda è da sempre Paese abituato alle coalizioni, anche a causa di un sistema proporzionale puro che privilegia soluzioni di questo tipo. Quanto però queste soluzioni saranno in grado di dare risposte agli interrogativi lanciati sul tavolo da Wilders è tutto ancora da vedere.