Anche se il tempo rimasto è poco, ce la possiamo ancora fare. Ma servono nuove idee. Il messaggio che si è levato ieri dal Palazzo di Vetro dove si sta valutando la strada fatta e quella da fare per raggiungere gli Obiettivi del Millennio è pressappoco questo. Lo ha riassunto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, e ne hanno parlato i leader – a partire dal presidente francese Nicolas Sarkozy – riunitisi nell’East side di New York per la tre giorni, seguita a ruota dall’avvio del dibattito della 65esima assemblea generale dell’Onu.Il senso di urgenza non nasce solo dall’avvicinamento della scadenza del 2015 che il mondo si è dato per ridurre drasticamente la tragedia della povertà globale. Ma anche dalla frenata che la crisi degli ultimi tre anni ha imposto al flusso degli aiuti economici e della riduzione del debito come ai programmi di allargamento dell’istruzione e di sradicamento di Aids, malaria e tubercolosi nei Paesi poveri. Ritrovarsi dopo dieci anni a fare il punto della situazione ha dunque il valore di un richiamo, come quello fatto ieri da Ban, al «dovere di togliere miliardi di persone in Africa e Asia da una condizione disumana di estrema povertà», a prescindere dalla congiuntura economica mondiale (ricordando che mancano 26 miliardi di dollari promessi da Paesi sviluppati per il 2009).«La ripresa dalla crisi economica non deve significare il ritorno alle politiche fallaci e ingiuste del passato», ha affermato il segretario generale dell’Onu, ricordando che l’obiettivo principale che la comunità internazionale si diede nel 2000 (dimezzare in quindici anni il numero di persone che vive con meno di un dollaro al giorno) non è questione di generosità, ma di puro buon senso.Se il numero uno dell’Onu sente il dovere di sottolinearlo è perché serpeggia una nuova paura attorno a questa riunione e agli spesso "astratti" Obiettivi, almeno negli Stati Uniti, dove è cresciuto il numero delle persone dimenticate dal benessere: il timore che aiutare i più miseri equivalga a impoverirsi un po’ tutti.Lo ha capito Sarkozy: si è presentato al Palazzo di Vetro con un’iniziativa semplice, ma radicale, che non va a toccare le tasche dei nuovi milioni di disoccupati e sottoccupati. Tassare le transazioni finanziarie, destinando parte delle entrate ad aiuti allo sviluppo, il presidente francese ha così rilanciato nelle assise dell’Onu un principio che sostiene da quando è partita la crisi economica, attribuendole la capacità di alleviare le disparità globali e, così facendo, «di partecipare alla stabilità globale». Una misura, quella della cosiddetta "Tobin Tax", che però non piace al mondo finanziario, né a Washington né a Londra, mentre ieri ha incassato il sì dello spagnolo Zapatero.Sarkozy ha anche promesso che nei prossimi tre anni la Francia aumenterà del 20% i finanziamenti per il Fondo globale per la lotta all’Aids, alla tubercolosi e alla malaria, dimostratosi uno degli strumenti più efficaci per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. Se l’idea del capo dell’Eliseo ha il sapore di una ridistribuzione di ricchezze dai più ai meno abbienti, i leader di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale hanno invece sottolineato come senza la crescita dei Paesi più ricchi gli obiettivi del millennio rischiano di essere disattesi. Robert Zoellick, il numero uno della Banca Mondiale, ha imputato l’aumento dei poveri (64 milioni in più nel 2009) «alla crisi», che ha fatto segnare grave un passo indietro. Sebbene, sulle cifre vi sia disaccordo. La Fao ha recentemente detto il contrario.Anche per questo il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha proposto a nome dell’Ue un miliardo di euro per finanziare gli Obiettivi del Millennio. Denaro che proviene da risorse non ancora sfruttate del fondo europeo allo Sviluppo e non dal bilancio comunitario.