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Il summit. Obama: «Sostegno ai diritti dei tibetani»

Elena Molinari venerdì 19 febbraio 2010
Il Dalai Lama esce dalla West Wing e subito cerca di allentare le tensioni. Lui e il suo ospite, Barack Obama, hanno parlato di pace, non di politica, dice ai giornalisti che lo aspettano fuori. In realtà nella visita di ieri del leader spirituale tibetano tutto era politico, soprattutto agli occhi dei funzionari cinesi oltraggiati dall’incontro. Il comunicato finale della Casa Bianca non deve essergli piaciuto. Il presidente Usa non parla di generici valori, ma sottolinea che occorre «preservare l’identità religiosa, culturale e linguistica del Tibet» e «proteggere i diritti umani dei tibetani all’interno della Repubblica popolare cinese». E loda il Dalai Lama per il suo approccio non violento alla difesa del suo popolo. Obama non si tiene fuori dalla disputa nata nel 1950 con l’invasione cinese del Tibet. Ma invita le due parti a continuare il dialogo. Il gesto più politico di tutti Obama l’aveva già fatto ed era stato lo stesso invito al Dalai Lama alla Casa Bianca in un momento di tensioni con la Cina, nonostante Pechino avesse più volte definito la visita una violazione degli affari interni cinesi. Obama aveva inizialmente ceduto alle pressioni, rinunciando a vedere il Dalai Lama alla vigilia del suo viaggio nella repubblica popolare, ma questa volta è andato fino in fondo, come del resto tre presidente americani prima di lui.L’unica concessione alla Cina è stata di protocollo: i due premi Nobel per la pace non hanno discusso nello Studio Ovale, riservato ai capi di Stato e di governo; nessun fotografo è stato ammesso all’interno, e i due non si sono fatti vedere insieme in pubblico. Ma l’incontro è pur sempre avvenuto nella West Wing, l’ala “esecutiva” della Casa Bianca e non negli appartamenti privati dove Bill Clinton ha ricevuto il leader tibetano. (George W. Bush aveva sfidato l’ira cinese nel 2007 incontrando il Dalai Lama pubblicamente e consegnandogli la medaglia del Congresso in una cerimonia). Secondo l’inviato speciale del Dalai Lama negli Usa, durante il colloquio il leader spirituale ha chiesto al suo interlocutore un aiuto a trovare una soluzione per la questione tibetana sulla base della “via di mezzo”, che non cerca l’indipendenza ma l’autonomia del Tibet dalla Cina. Un approccio che Obama anche ieri ha caldeggiato. Il Dalai Lama ha quindi visto il segretario di Stato americano, Hillary Clinton. Immediata la reazione della Cina che si è detta «profondamente insoddisfatta» dal presidente Obama che avrebbe «violato le promesse» fatte nel viaggio cinese, senza però precisare le eventuali «ritorsioni». Il presidente Hu Jintao potrebbe infatti rifiutare l’invito a Washington del prossimo aprile, per esempio, vista la lunga lista di rimostranze che ha nei confronti degli Usa.Oltre alle divergenze sul dossier iraniano (Pechino si oppone all’inasprimento delle sanzioni e predilige una soluzione negoziale) la Cina ha infatti criticato con forza l’approvazione da parte del governo di Washington della vendita a Taiwan di missili Patriot per sei miliardi e mezzo di dollari. A gennaio, inoltre, il gigante del web Google ha denunciato di essere stato vittima di attacchi cibernetici che hanno violato la sfera di privata di alcuni dei suoi clienti, tutti dissidenti cinesi.