Una manovra di accerchiamento, una trattativa serrata per costringere Mubarak a capitolare. Un lavoro dietro le quinte che, significativamente, non deve restare troppo segreto. L’altra notte la Casa Bianca fa filtrare la notizia di una serie di colloqui con «autorità egiziane» per valutare una «varietà di modi differenti» per giungere all’uscita di scena di Hosni Mubarak e formare un governo di transizione. Una trattativa che lascia intendere contatti diretti di Washington con il vice presidente Omar Suleiman e un pressing serrato sui più stretti collaboratori del rais egiziano perché lo convincano ad uscire di scena.La prima conferma della nuova strategia di Washington, dopo il fallimento dell’inviato speciale Usa Frank Wisner, giunge da fonti anonime americane ed egiziane raccolte dal
New York Times: Mubarak dovrebbe cedere il potere a un governo di transizione guidato dal vicepresidente Omar Suleiman con la supervisione delle forze armate e il beneplacito dei Fratelli Musulmani, con cui la Casa Bianca ha aperto diversi canali di comunicazione.Questa, nel concreto, la «transizione immediata» chiesta più volte dal presidente statunitense. E non è certo un caso che la
Abc, la tv più vicina alla Casa Bianca, sia riuscita ieri ad intervistare per prima Suleiman. In serata, poi, la conferma ufficiale dello stesso Barak Obama: in Egitto «sono iniziate le discussioni» per giungere subito a una transizione politica che deve portare a elezioni «libere e giuste». «Inaccettabile» per il presidente Obama ogni violenza contro chi protesta pacificamente come contro la stampa mentre «il ritorno ai vecchi metodi non funzionerà». E soprattutto, Mubarak «deve ascoltare il suo popolo». Vale a dire andarsene.La proposta del Comitato dei saggi egiziani al vice presidente Suleiman di assumere il potere doveva essere ancora formulata, quando nel pomeriggio a Bruxelles inizia il vertice dei capi di stato e di governo della Ue dedicato anche alla crisi nel Nord Africa. «La transizione in Egitto deve cominciare ora», afferma la dichiarazione conclusiva dei Ventisette. Anche da parte loro un colpo sull’acceleratore se nella bozza preparatoria i leader europei chiedevano una «transizione rapida». Nel testo finale non viene mai citato il presidente Mubarak, ma il consiglio dell’Ue chiede moderazione alle parti in lotta e alle autorità egiziane che «vengano soddisfatte le aspirazioni del popolo egiziano con riforme politiche, non con la repressione». Un testo approvato anche dal premier italiano Silvio Berlusconi che tuttavia, prima del vertice, aveva auspicato una transizione democratica «senza rotture con il presidente Mubarak, che in tutto l’Occidente, Stati Uniti in testa, è considerato l’uomo più saggio e un punto di riferimento preciso». Spetterà all’alto rappresentante Ue, Catherine Ashton, mettere a punto un pacchetto di misure e a recarsi presto in Egitto e Tunisia per appoggiare la transizione. Solo la Russia si smarca criticando l’Onu per non aver rispettato la sovranità del Cairo. Intanto l’Egitto sembra aver trovato un traghettatore.