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L'AVVERTIMENTO. Obama a Iran e Corea del Nord: «Pronti al deterrente nucleare»

giovedì 19 novembre 2009
Le provocazioni devono finire ed è tempo che Pyongyang torni al tavolo negoziale: i presidenti di Usa e Corea del Sud, Barack Obama e Lee Myung-bak, concordano sulla necessità di dare una svolta alle trattative in stallo per la denuclearizzazione della penisola coreana.   «La cosa che voglio sottolineare è che io e il presidente Lee siamo d'accordo sul fatto di voler spezzare il modello del  passato, con la Corea del Nord che si comporta provocatoriamente e che poi è disposta a tornare a parlare e, infine, è alla ricerca di concessioni», ha detto Obama nella conferenza stampa congiunta al termine del faccia a faccia.Lee, da parte sua, ha detto che la Corea del Nord potrebbe sperare in robusti aiuti economici rinunciando alle ambizioni nucleari attraverso «un processo completo e verificabile, e soprattutto con una soluzione omnicomprensiva».Obama, ha poi annunciato che l'inviato speciale Usa, Stephen Bosworth, sarà in Corea del Nord l'8 dicembre. «Continueremo a lavorare sulla questione nordcoreana - ha aggiunto - nell'ambito dei colloqui a Sei per il disarmo nucleare completo». Lee, sempre sul nucleare, ha ricordato che non è stata convenuta alcuna scadenza, anche se «il nostro obiettivo è risolvere il problema quanto prima possibile». I legami tra «i nostri due paesi sono solidi: gli Stati Uniti sono fortemente motivati a difendere la Corea del Sud, anche con il deterrente nucleare», ha aggiunto ancora Obama, rinnovando in questo modo la validità del cosiddetto «ombrello nucleare» a protezione del Paese asiatico.   Giusto approfondire i legami bilaterali, a partire dal Free Trade Agreement (Fta), in fase di stallo per la mancanza della ratifica da parte dei due Paesi. «Se l'auto è un problema, siamo nelle condizioni di discutere sul punto», ha commentato Lee, rispondendo a una domanda su un punto che vede i produttori di auto Usa fortemente critici.   C'è spazio anche per l'Iran: Obama ha detto di aver avviato i colloqui con gli alleati «per prendere in considerazione le conseguenze» nel caso il Paese rigetti l'offerta d'accordo sul nucleare.