È di almeno tredici morti e 45 feriti il bilancio di nuovi scontri scoppiati oggi a Mogadiscio, i più violenti da diverse settimane: stando a testimoni oculari, nel quartiere meridionale di Tadeh miliziani ultra-islamici armati fino ai denti hanno attaccato le truppe governative e i "caschi verdi" dell'Amisom, la Missione d'Interposizione dell'Unione Africana. Da ambedue le parti si è fatto ricorso a mitragliatrici e pezzi di artiglieria pesante, e i ribelli hanno poi bombardato a colpi di mortaio Villa Somalia, antica sede della Presidenza della Repubblica. Una delle granate è piombata su una casa, uccidendo una donna e i suoi due figlioletti: i cadaveri sono finiti letteralmente in brandelli, tanto che i soccorritori hanno dichiarato di "non sapere che cosa raccogliere".
Il governo di unità nazionale e la strage di due giorni fa. Gli aggressori appartenevano al movimento 'al-Shabaab al-Mujaheddin', l'ala più oltranzistica dei guerriglieri fedeli alle deposte Corti Islamiche. La battaglia è scoppiata il giorno dopo il rientro in patria da Gibuti del neo-presidente somalo Sheikh Sharif Sheikh Ahmed, un islamico moderato eletto dal Parlamento allargato per l'occasione il 31 gennaio scorso, e in procinto di varare un governo di unità nazionale. Due giorni fa una base in città di soldati burundesi dell'Amisom era stata attaccata da un kamikaze fondamentalista: undici i morti e quindici i feriti.