Covid. Il virus della repressione in Nordafrica: «Disoccupazione e arresti arbitrari»
Poliziotti durante un controllo sulla spiaggia di Harhoura vicino a Rabat in Marocco
In Nordafrica, emergenza sanitaria, crisi politica e paralisi economica si stanno fondendo tra di loro a discapito di centinaia di milioni di persone. Sfiora le 18mila unità il numero ufficiale dei contagi da coronavirus in Egitto, mentre sono quasi 800 i morti. Numeri e, soprattutto, proiezioni di peggioramento – in un Paese di 100 milioni di abitanti, di cui un quarto concentrato nella capitale – che hanno spinto le autorità non solo a confermare il coprifuoco notturno proclamato a metà marzo, ma ad estenderlo nel mese di Ramadan e nei giorni di festa successivi. Intanto, si cominciano a fare i conti. Tutte al ribasso le previsioni di crescita formulate a fine 2019 per l’anno successivo: da un roseo +5,5% a un drastico +3%, sempre che il secondo semestre dia segnali di ripresa. E vola il debito pubblico: stando così le cose, potrebbe avvicinarsi al 90% del Pil nazionale nel prossimo anno fiscale (rispetto ad un 80% circa, nell’anno fiscale 2019/2020).
Secondo le maggiori organizzazioni per la difesa dei diritti umani, nel frattempo, il regime di Abdel Fattah al-Sisi avrebbe approfittato della situazione caotica per dare un giro di vite alla repressione politica: a fine aprile il Parlamento ha approvato 18 emendamenti alle leggi di emergenza, concedendo così al presidente prerogative che solo parzialmente riguardano la gestione dell’allarme sanitario. Il governo si difende adducendo la necessità di intervenire con prontezza, ma le carceri egiziane scoppiano di oppositori politici, o presunti tali. Poco più a Ovest, in Tunisia, là dove l’epidemia è stata contenuta con successo e la fase 2 è iniziata con il piede giusto (48 i morti totali, per circa duemila contagiati), il Covid-19 sarà comunque ricordato come una piaga: oltre 400mila tunisini hanno perso – si spera temporaneamente – il loro impiego, secondo stime dell’Istituto tunisino della competitività e degli studi quantitativi (Itceq) e dell’Istituto internazionale di ricerca sulle politiche alimentari, che insieme hanno elaborato un rapporto nel quale si prevede una riduzione del prodotto interno lordo del 46,4% nel secondo trimestre del 2020. Lo studio fotografa una Tunisia letteralmente sotto scacco: secondo il rapporto, il settore industriale sarebbe il più colpito dalla crisi, con un calo della produzione del 52,7%, seguito da quello dei servizi (-49%) e dall’agricoltura (16,2%). Il documento indica che le famiglie più colpite sono quelle nei centri urbani. Uno spiraglio per la stagione turistica potrebbe venire dalla riapertura di alberghi e ristoranti, il 4 giugno, ma si lavorerà comunque al 50% della capacità solita delle strutture. Non mancano, in questo quadro preoccupante, le segnalazioni di arresti arbitrari e intimidazioni nei confronti di attivisti e semplici cittadini critici nei confronti delle autorità.
E sempre in materia violazioni e abusi, l’ambasciatore del Regno del Marocco presso l’ufficio delle Nazioni Unite per la difesa dei diritti umani, Omar Zinbar, ha respinto al mittente le critiche avanzate dall’Agenzia contro Rabat: a inizio maggio, infatti, erano 81.489 gli arrestati per aver violato le misure contro il coronavirus. Solo il 5% dei fermi, ha argomentato l’ambasciatore, è stato successivamente confermato. Secondo le autorità marocchine, inoltre, proprio severe normative avrebbero frenato il contagio, riguardante in tutto 7.584 persone (202 le vittime). E tamponato la crisi economica: la perdita del Pil, per ora, è “solo” del 2%. Ma le Ong ribadiscono: il reame detiene 500 prigionieri politici – fra cui attivisti provenienti dalla regione “dissidente” del Rif, sindacalisti, giornalisti, intellettuali – e, nell’ombra generata dalla quarantena, si prepara a far votare dal Parlamento una nuova legge, la 20–22, che prevede pene detentive da 6 mesi a tre anni per chiunque inviti al boicottaggio di un prodotto o diffonda notizie false sui social in grado di influenzare la fiducia del pubblico in un prodotto o in una istituzione. Questa, secondo le Ong marocchine, sarebbe la risposta del casato reale a un recente boicottaggio di massa, avente come bersaglio aziende riconducibili al sovrano Mohammed VI e rivelatosi molto efficace.