Hong Kong. Il testamento dei ragazzi del Politecnico assediato
Il dramma di Hong Kong si alimenta di tante tragedie collettive e individuali. Il caos ha regnato ieri per tutto il giorno. “Mr Chan”, uno degli studenti del Politecnico entrato nel campus giorni fa per sostenere i compagni più giovani, intervistato fortunosamente da un’emittente radiofonica locale ha comunicato: «La polizia ha bloccato tutte le uscite. Non possiamo scegliere se uscire, semplicemente non possiamo». La porta si è aperta solo per alcuni docenti di istituti superiori a cui è stato concesso l’ingresso nel Politecnico assediato e devastato per portare via tutti i giovani di età inferiore ai 18 anni. Uno degli studenti minorenni ha escluso di volere lasciare i propri compagni che rischiano, se catturati, fino a 10 anni di prigione per il reato di ribellione.
Un segnale di determinazione ma anche di incertezza della sorte. «Sto chiamando dalla mensa – ha detto un giovane dall’interno –. Voglio sottolineare che quelli che si trovano intrappolati qui non sono combattenti ma solo studenti che sono venuti a portare viveri o a cucinare per i compagni di classe». «Non so se avrò la possibilità di parlare ancora con voi, ma ricordatevi – ha aggiunto significativamente alludendo al rischio di azioni repressive letali – che non mi suiciderò, mai».
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Poche ore prima, i social media avevano diffuso un “Testamento degli studenti” intrappolati nel Politecnico (PolyU): messaggio a tutta la popolazione di Hong Kong in cui, nell’ottavo giorno di assedio, «intrappolati nella nostra stessa scuola», gli studenti chiedevano «come possiamo essere in errore?».
«Il rettore e il comitato di gestione dell’università che avrebbero dovuto proteggerci, hanno chiamato la polizia perché i loro studenti venissero arrestati», scrivevano i ragazzi. E dopo avere indicato la volontà di proseguire l’occupazione, concludevano dichiarandosi «senza timore per l’arresto o la morte perché la storia ci ha già scagionati». Un messaggio drammatico che ha alimentato i timori dei loro compagni all’esterno e soprattutto delle famiglie. Molti genitori erano tra i cittadini che ieri hanno subito cariche, lacrimogeni e idranti mentre cercavano di raggiungere i ragazzi – in parecchi casi minorenni – assediati al politecnico. In un sit-in davanti ai poliziotti in assetto antisommossa, con diverse madri in lacrime, hanno alzato cartelli con le scritte: «Salvate i nostri figli», «Fermate il massacro», «No a un altro 4 giugno»: il giorno del massacro di piazza Tienanmen a Pechino nel 1989.