Rifugiati. «Non finisce mai La guerra ci insegue»
Samer e Seba scoppiano a piangere come ragazzini. «Non finisce mai, non finisce mai...». Lui 42 anni, lei 34, vengono da al-Janudiyah, appena 10 chilometri da Khan Sheikhoun, la città della regione di Idlib dove sarebbero state usate armi chimiche. Poco più di un mese fa, con i figli Asia di 11 anni, Youssef di 9 e Ahmad di 2 e mezzo, sono arrivati in Italia grazie al progetto dei corridoi umanitari, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, Valdesi e Evangelici, e sono ospitati nel comune calabrese di Gioiosa Jonica, seguiti dalla cooperativa Nelson Mandela.
Da due giorni nell’appartamento dove vivono, non staccano gli occhi dalla tv dove scorrono le immagini dei canali satellitari in lingua araba. Si sono poi attaccati a Internet e al telefono per cercare notizie su parenti e amici rimasti lì. «Siamo molto preoccupati. Noi siamo scappati per trovare la pace, soprattutto per i bambini e qui l’abbiamo trovata – ci spiega Seba –, ma la guerra ci insegue con queste notizie terribili ». E coi ricordi. «Di notte ci svegliamo di colpo sentendo il frastuono delle bombe ma sono solo incubi. Per fortuna siamo in Italia, siamo in pace», riflette Samer. La loro città, spiegano, «è in gran parte distrutta. Prima c’erano 12mila abitanti, ora 3mila. Ci sono stati tantissimi morti, anche nostri amici, soprattutto per i raid aerei». Proprio quelli che si stanno ripetendo in questi giorni. «Quando eravamo lì stavamo sempre chiusi in casa – ricordano – e uscivamo solo per comprare un po’ di cibo».
Poi la fuga. Lui nel 2012, fino in Libano, per cercare una casa, il resto della famiglia nel 2013. In questi anni hanno vissuto tutti in una stanza. «Nessuno ci aiutava. Lavoravamo un giorno e quello dopo no». Col desiderio di raggiungere l’Europa. «Ma costava troppo. Per il viaggio in barcone volevano 5mila dollari a persona». Poi alla fine del 2016 la proposta dei corridoi umanitari, concretizzata il 26 febbraio. E ora la Calabria. «Ci troviamo bene. Pensiamo al futuro che vorremmo fosse di pace e lavoro. Qui in Italia. In Siria non c’è più niente. Non pensiamo di tornare. La guerra finirà ma ci vorrà ancora tanto tempo. Solo Dio può fermarla». Una speranza che le nuove notizie sembrano spezzare. Ma i bambini provano a vivere una vita normale. Asia ci dice che la cosa che le piace di più è «la scuola». «Ho trovato tanti amici».
Ci rivolge anche una frase in italiano: «Come ti chiami?». Youssef gioca in una scuola calcio, ed è tifoso del Real Madrid e in particolare di Cristiano Ronaldo. Immagini di una vita di pace dopo anni di guerra. Ma poi la guerra ti insegue. «Non finisce mai».