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INTERVISTA. Senzai: «Dopo 9 anni pochi i progressi nel dialogo»

Loretta Bricchi Lee sabato 11 settembre 2010
Farid Senzai, professore di scienze politiche all’Università di Santa Clara, in California, e direttore ricerche dell’Istituto per la politica sociale e l’intesa Ispu – un think tank impegnato nell’analisi delle politiche americane sia a livello interno che internazionale con enfasi sulle questioni relative alla comunità islamica negli Usa –ritiene che, dagli attacchi terroristici di nove anni fa, gli Stati Uniti abbiano fatto progressi nel cercare un equilibrio tra lotta al terrore e il miglioramento delle relazioni con l’islam, ma mette in guardia contro effetti negativi nel lungo termine.Cosa è cambiato nella politica americana contro il terrorismo a nove anni dagli attentati dell’11 settembre?Subito dopo la tragedia del 11/9 l’Amministrazione Bush ha preso una posizione molto forte contro il fondamentalismo e al tempo stesso a favore della comunità islamica. Questo ha avuto certamente un impatto positivo, ma col passare degli anni l’approccio del governo non si è rivelato così deciso. Anche se sotto il mandato Obama la politica almeno a parole ha cercato nuove strade, di fatto non ci si è allontanati molto da quella precedente. Il modo in cui gli Stati Uniti trattano con il mondo islamico rischia quindi di avere maggiori ripercussioni sia qui che all’estero.E a livello interno? Il presidente Obama ha cercato di dissociare la parola terrorismo dall’islam e lo scorso giugno, al Cairo, ha messo in chiaro che “l’America non è e non sarà mai in guerra contro l’islam”.In alcuni casi la sua politica sta funzionando. Certamente è l’approccio giusto. Il problema, però, è che nel complesso sono state le emozioni a prendere il sopravvento “caricando” lo scenario al punto tale che si ha un individuo come il reverendo Jones e un gruppetto dei suoi membri che riescono a influenzare il modo in cui i musulmani vengono percepiti nel lungo termine.È cambiato il modo in cui gli islamici sono visti negli Stati Uniti?Non molto, anche perché continua la percezione negativa. Il solo fatto che quasi il 20% degli americani continui a credere che il presidente Obama sia musulmano, sfortunatamente fornisce la misura dell’ignoranza che ancora sussiste riguardo questa religione.Sembra però che l’opinione pubblica stai andando nella direzione opposta rispetto a quella dell’Amministrazione. L’ultimo sondaggio del Washington Post ha rivelato che il 48% degli intervistati ha una visione negativa dell’islam e solo il 37% ne ha un’opinione positiva, segnando il dato peggiore dall’ottobre 2001. Quale ne è la ragione?In parte dipende dall’andamento negativo dell’economia americana. Questo, assieme alla disoccupazione, ha intensificato il sentimento negativo verso "gli altri", con i musulmani visti come gli altri. Inoltre, i miliardi spesi per la guerra gli americani pensano che si sarebbero potuti spendere in patria.La controversia riguardo la costruzione di una moschea a Ground Zero – osteggiata da due terzi degli americani – e l’iniziativa proposta dal reverendo Jones di bruciare il Corano in occasione dell’11 settembre sono esempi della crescita di un sentimento anti-islamico negli Usa, o tale visione è solo messa più in luce ora?È vero che negli Usa la violenza contro i musulmani – in calo tra il 2002 e il 2008 – ha mostrato un incremento negli ultimi due anni. I due casi di cui si parla – soprattutto quello relativo alla moschea di New York – hanno messo la questione sotto il microscopio e sotto una luce negativa.