Ucraina. «Noi in ostaggio dei russi nella centrale di Zaporizhzhia: bomba a orologeria»
La centrale presidiata dai mezzi militari di Mosca
Una delle immagini inviate dall’ingegnere della centrale per indicare gli impianti più a rischio - Avvenire
Il drammatico conto alla rovesciaAll’inizio, la prendiamo per una rassicurazione. I tecnici di Mosca dovrebbero conoscere ogni conseguenza. Ma i calcoli devono fare i conti con la realtà. La presenza di Rosatom dimostra che la Russia potrebbe garantire un accesso sicuro agli ispettori Onu dell’Aiea. Eppure ancora ieri da Mosca è arrivato il consueto niet. «Attraversare la linea del fronte è un rischio enorme, dato che le forze armate ucraine sono formazioni armate eterogenee – ha sostenuto Igor Vishnevetsky, vicedirettore del dipartimento per la “Non proliferazione e il controllo degli armamenti” del ministero degli Esteri del Cremlino –. Potrebbe accadere di tutto se la delegazione dell’Aiea attraversasse la linea del fronte». In realtà, l’Ucraina ribadisce di avere tutto l’interesse a far arrivare gli ispettori che potranno constatare lo stato dell’occupazione nella centrale. Ma da Mosca prendono altro tempo.La nostra fonte a Zaporizhzhia intanto continua a parlare e a scrivere da tecnico. Ci trasmette una mappa dell’impianto in tempo reale. Non possiamo pubblicarla: con facilità si risalirebbe al mittente. Si tratta di una planimetria dettagliata, nella quale l’ingegnere indica i punti chiave e la dislocazione delle forze di occupazione. Dice: «Punto primo: sparano per fare danni, ma non in modo fatale. Punto secondo: i loro colpi mirano principalmente a interrompere le linee di trasmissione ad alta tensione che collegano la Centrale con il sistema energetico dell’Ucraina. E molti sono già andati a segno. Perché è pericoloso? Nessuna centrale nucleare può funzionare “ad aria”, a salve, per così dire, ma deve essere alimentata con l’elettricità da qualche parte. Se perdiamo tutti i “consumatori” in una volta, andremo incontro a grossi problemi». I reattori, infatti, continuerebbero a produrre energia e non possono essere spenti con un semplice clic. È come spegnere di colpo i motori di un incrociatore procede avanti tutta: continuerà a spingersi al largo per inerzia. Ecco cosa accadrebbe: «Se non c’è un posto in cui convogliare l’elettricità, i blocchi verranno spenti in caso di emergenza. E se tutte le unità di alimentazione vengono spente in caso di emergenza, non c’è nessun posto da cui prendere l’elettricità per alimentare le pompe di raffreddamento della zona attiva (il cuore nucleare, ndr)». Per farlo capire anche a noi, l’ingegnere prova a semplificare: «In parole povere: almeno un’unità di potenza deve funzionare per dotare il sistema di alimentazione per le sue esigenze. Grazie a questo sistema energetico, possiamo evitare un incidente nucleare». Tuttavia, «se disconnetti tutte le “utenze” esterne in modo brusco (cosa che la Russia sta facendo ora), ci sarà un cosiddetto blackout (un arresto contemporaneo di tutte le unità elettriche funzionanti), che può portare a un disastro nucleare». I piani alternativi, in questo caso, sono destinati a non funzionare, perché servirebbe che tutto il personale fosse sul posto: «Attualmente alla Centrale ci sono tra le 1.400 e le 1.900 persone. Il numero di dipendenti regolamentare a tempo pieno è di 12mila».
Uno degli ingressi dell’impianto, prima della guerra - Collaboratori
«Noi in ostaggio di Mosca»La vita all’interno è un incubo costante. Le esplosioni nei pressi dell’impianto vengono messe a segno ad orari regolari, così da organizzare i lavoro dei tecnici di conseguenza. «Di norma il personale del turno mattutino (7-15) esce più tardi del necessario, perché è alle 14 che iniziano i bombardamenti. La stessa storia – riferisce l’ingegnere – vale per il personale serale (15-23). Succede così che i lavoratori si espongono al pericolo semplicemente venendo o uscendo per il cambio di turno». «Tutti siamo in ostaggio delle situazioni più inaspettate, perché gli attacchi più accaniti dei russi vengono effettuati proprio durante la permanenza del maggior numero di personale. Tutto ciò ha fatto sì che un numero molto elevato di dipendenti ha lasciato Energodar nelle ultime settimane». Non c’è altro d’aggiungere, a parte un avvertimento: «Questo è il punto critico, perché una stazione povera di personale – osserva alla fine – è una grande bomba a orologeria».