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DRAMMA. Nigeria, ucciso l'ostaggio italiano

lunedì 11 marzo 2013

​Il giallo sulla sorte di Silvano Trevisan si è concluso nel peggiore dei modi: con la certezza della sua esecuzione, assieme agli altri sei ostaggi rapiti con lui in Nigeria il 17 febbraio, da parte dei terroristi islamici di Ansaru.Per tutta la giornata di sabato si erano rincorsi interrogativi e tentativi di verifiche dopo che un video postato dal gruppo e rilevato dal Site Monitoring Service annunciava l'assassinio dell'ingegnere italiano, di un britannico, di un greco e quattro libanesi. Domenica con poche, dure parole, la Farnesina ha messo fine alla speranza che si trattasse solo di un farneticante bluff. «Le verifiche effettuate in coordinamento con gli altri Paesi interessati ci inducono a ritenere che sia fondata la notizia dell'uccisione degli ostaggi sequestrati il mese scorso in Nigeria», ha scritto in una nota il ministero degli Esteri. E ha sottolineato che «si tratta di un atroce atto diterrorismo, contro il quale il Governo italiano esprime la più ferma condanna e che non può trovare alcuna spiegazione, se non quella di una violenza barbara e cieca. Quando e dove siano stati uccisi gli ostaggi ancora non si sa. Ma la Farnesina ha tenuto a precisare che non c'è stato «nessun intervento militare volto a liberarli», smentendo così la “motivazione” con la quale Jamàatu Ansaril Muslimina fi Biladis Sudan (Avanguardia per la protezione dei musulmani nell'Africa Nera, questo il significato di Ansaru) aveva “giustificat” l'esecuzione, sostenendo di aver ucciso gli ostaggi a causa di un blitz. Come era avvenuto invece un anno fa, l'8 marzo 2012, per Franco Lamolinara e Chris Mcmanus squestrati e poi assassinati, sempre nel nord della Nigeria, dallo stesso Ansaru o, forse, dal più celebre e ugualmente sanguinario Boko Haram.  Conferme, dopo convulsi contatti incrociati, sono giunte anche dalle cancellerie degli altri Paesi coinvolti e in primo luogo dalla Grecia e dalla Gran Bretagna. Un «atto di omicidio a sangue freddo che condanno nei termini più duri», ha affermato il titolare del Foreign Office, William Hague.Come sempre, la procura di Roma ha avviato un'inchiesta. Il pm Francesco Scavo procede per sequestro di persona con finalità di terrorismo aggravato dalla morte dell'ostaggio. Un atto dovuto, ma i problemi sono altri. E crescono i rischi per gli italiani, e per tutti gli occidentali, che lavorano in Africa, divenuta ormai dalla sponda sud del Mediterraneo ai Paesi a sud del Sahara, terra di conquista della Jihad. È una sorta di mantra che gli esperti ripetono a ogni episodio.       Ancora un italiano ostaggio all'esteroCon la morte in Nigeria di Silvano Trevisan rimane solo un connazionale in mano ai rapitori nel mondo. Si tratta del cooperante Giovanni Lo Porto, 38 anni, palermitano, è stato sequestrato in Pakistan il 19 gennaio 2012 insieme a un collega tedesco a Qasim Bela, nella provincia del Punjab, dove lavorava per la Ong tedesca Welt HungerHilfe (Aiuto alla fame nel mondo) alla ricostruzione dell'area messa in ginocchio dalleinondazioni del 2011.Più volte il Tehrek-e-Taliban Pakistan (TTP), principale movimento armato anti-governativo, ha negato di avere in mano i due cittadini europei e, dopo più di un anno, ancora non è chiaro chi ci sia dietro il loro rapimento. Qualche tempo fa il governo pachistano ha affermato che «sta facendo tutto il possibile»per riportare il cooperante italiano a casa «quanto prima». Mentre il titolare della Farnesina, Giulio Terzi, ha ripetutamente assicurato di seguire «costantemente» la vicenda.