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Lomè. Ragazze rapite in Nigeria «strategia elettorale»

Matteo Fraschini Koffi mercoledì 23 aprile 2014
«Il vero obiettivo di Boko Haram è rendere la Nigeria il più instabile possibile agli occhi del mondo. Rovinare la reputazione di prima economia del continente africano e attaccare il presidente nigeriano, Goodluck Jonathan, affinché non si ricandidi alle elezioni dell’anno prossimo. La vera radice del fondamentalismo islamico non è quindi religiosa, ma è puramente politica». Stanley Ukeni non ha dubbi. Come analista geopolitico e attivista molto vicino all’attuale governo nigeriano, Ukeni, 40 anni, non è sorpreso da ciò che accade nel Paese.«Quest’ultimo episodio di terrorismo: la cattura di oltre 230 studentesse nel nord-est della Nigeria, è un chiaro messaggio politico», spiega ad Avvenire dalla capitale ghaneana, Accra, dove al momento risiede. «Purtroppo qualsiasi forma di terrorismo fa notizia soprattutto quando sono i più innocenti ad essere attaccati. Proprio per questo gli insorti hanno ripetutamente rapito e ucciso giovani studenti e studentesse – continua Ukeni –. È una strategia ben architettata da quelli che sono i veri finanziatori di Boko Haram: centinaia di politici nigeriani». L’aumento di attentati, sia nel nord della Nigeria, che vicino alla capitale Abuja, sta minacciando i futuri investimenti economici nel Paese e aggravando la sicurezza in vista delle elezioni generali previste per febbraio 2015. «Qualsiasi notizia positiva che viene scritta sulla Nigeria è considerata dai terroristi un ostacolo alla ribellione», afferma l’analista nigeriano. «Non è un caso che tutti questi attacchi avvengano poco prima del Forum economico mondiale previsto tra due settimane. Dobbiamo quindi aspettarci altri episodi di terrorismo nei prossimi giorni – assicura Ukeni –, i politici a livello nazionale e locale faranno di tutto per dividere in due la Nigeria e conquistare più potere». Secondo le ultime informazioni riguardo alle studentesse rapite, su 234, più di 40 sarebbero riuscite a fuggire dalle mani dei militanti islamici. Le altre potrebbero essere state portate nella foresta Sambisa vicina alla frontiera con il Camerun. «I genitori insieme a gruppi di vigilantes le stanno cercando disperatamente», ha confermato ieri Asabe Kwambura, direttrice del liceo femminile di Chibok, cittadina dello stato nord-orientale del Borno. «Tutte quelle che sono scappate fino ad ora non hanno avuto alcun aiuto da parte dei militari, ma ce l’hanno fatta da sole». Sono sempre più insistenti, infatti, le informazioni sulla complicità di alcuni ufficiali dell’esercito nigeriano che, invece di proteggere la popolazione, sono parte attiva nei sequestri. Per cercare di risolvere tale problema, alcune settimane fa Jonathan aveva licenziato una grossa percentuale della leadership militare per sostituirla con ufficiali più fedeli a lui. «Purtroppo ci sono diversi soldati che appoggiano l’organizzazione dei rapimenti bloccando alcune vie o evitando di pattugliarne altre», ammette Stanley Ukeni, aggiungendo che: «Le divisioni all’interno dell’amministrazione provocano senza dubbio divisioni dentro l’apparato militare e Jonathan sta perdendo molti alleati». Le elezioni dell’anno prossimo saranno tra le più calde della storia nigeriana da quando sono finiti i regimi militari in vigore fino agli anni novanta. Il presidente annuncerà la sua candidatura entro la fine di maggio, sebbene gran parte della classe politica sia contraria. «Secondo le mie fonti, non solo i rappresentanti del nord, ma anche molti del sud-ovest fedeli all’ex presidente, Olusegun Obasanjo, non vogliono un altro mandato di Jonathan - conclude Ukeni -, si prevedono quindi tempi ancora più duri per il Paese».