Le truppe nigeriane stanno pattugliando i villaggi nei pressi della città settentrionale di Jos dopo il massacro di oltre 500 cristiani da parte dei miliziani fulani-hausa, una delle tre principali famiglie etniche del Paese. Ma i sopravvissuti dell'ultima ondata di violenza, costata la vita a molte donne e bambini, uccisi a colpi di machete o bruciati vivi nelle loro case, hanno denunciato le autorità per non esser intervenuti in tempo. Alcuni testimoni hanno dato la colpa del massacro ai membri del gruppo di musulmani Fulani e secondo quanto pubblicato dai media, gli abitanti musulmani dei villaggi erano stati avvertiti due giorni prima dell'attacco tramite messaggi inoltrati ai loro cellulari.Le forze di sicurezza hanno detto di aver arrestato 95 sospetti implicati nelle violenze. "Abbiamo oltre 500 morti in tre villaggi ed i superstiti sono impegnati a seppellire i loro cari", ha detto Gregory Yenlong, commissario all'informazione dello Stato. "Le persone, molte delle quali bambini, anziani e donne incinte, sono state attaccate con asce, pugnali e sciabole", ha aggiunto. Secondo fonti ministeriali, i feriti sarebbero 200.Il Pscef, Forum degli anziani cristiani, ha denunciato il ritardo di due ore con cui l'esercito è intervenuto dal momento della prima richiesta di soccorso. In tutto quel tempo, "gli assassini hanno finito il loro lavoro e se ne sono andati", hanno detto. Il presidente ad interim Goodluck Jonathan, intanto, ha già licenziato il suo consigliere capo della sicurezza. Questo massacro è solo l'ultimo causato dagli scontri tra gruppi religiosi ed etnici rivali: solo a gennaio, 326 persone sono morte durante gli scontri avvenuti all'interno e nei pressi di Jos. Anche se secondo le ong umanitarie laconta delle vittime sarebbe più alta (550 morti). John Onaiyekan, l'arcivescovo della capitale Abuja, ha detto a Radio Vaticana che la violenza non è da ricondurre alle differenze religiose ma a quelle sociali, economiche e tribali. "Si tratta di un classico conflitto tra pastori e agricoltori, solo che tutti i Fulani sono musulmani e che tutti i Berom sono cristiani", ha precisato.
Il fatto. È di 500 morti, tra cui molte donne e bambini, il bilancio della nuova ondata di violenze contro i cristiani in Nigeria. «Abbiamo compiuto 95 arresti» ha detto il governatore dello stato centrale di Platea, Dan Manjang, «ma allo stesso tempo più di 500 persone sono state uccise dai nomadi Fulani». Il riferimento è alle tribù nomadi musulmane, che, secondo le testimonianze, sono scesi durante la notte dalle montagne su tre villaggi alle porte della città di Jos. Sparando hanno costretto gli abitanti a uscire dalle abitazioni e li hanno massacrati a colpi di machete. Teatro della peggiore carneficina è stato il villaggio di Dogo Nahava a sud di Jos.Il presidente ad interim, Goodluck Jonathan, ha dichiarato di aver «collocato tutte le forze di sicurezza a Plateau e nelle regioni vicine in stato di massima allerta in modo di evitare qualsiasi estensione del conflitto». La situazione nel Paese è sempre più tesa da quando il 9 febbraio scorso il vicepresidente Goodluck Jonathan è stato nominato presidente provvisorio in vista delle prossime elezioni presidenziali nel primo semestre 2011. Il rientro a sorpresa poi dell'ex presidente Umaru Yar'adua. Musulmano del sud, ha poi accentuato il clima di violenza, dal momento che Jonathan, cristiano, ha dichiarato di non voler lasciare la carica. Gli scontri sono iniziati nelle prime ore di domenica quando, secondo diversi testimoni locali, bande di Hausa e Fulani, etnie originarie del nord del Paese a maggioranza islamica, hanno attaccato il villaggio di Dogo Na Hawa, un centro poco distante da Jos e abitato dai Berom, una tribù cristiana originaria della regione. Durante l'assalto, al grido di 'Allah Akbar', sono state incendiate abitazioni e distrutte attività commerciali. Le vittime accusano le forze dell'ordine e l'esercito, molto numeroso nella zona dopo i recenti scontri di gennaio, di non essere intervenuti in tempo per proteggerli e di aver permesso ai responsabili di fuggire.L'attacco della scorsa notte potrebbe essere una diretta conseguenza, una specie di vendetta senza fine, delle violenze scoppiate il 17 gennaio scorso quando furono i cristiani ad attaccare per prima e ci furono almeno 500 morti, soprattutto musulmani. La situazione pare tornata alla normalità e le forze dell'ordine sembrano aver riportato la calma. La nuova ondata di violenze si inserisce e si intreccia in un momento molto delicato per la vita democratica del Paese. La guida della Nigeria è nelle mani del vice presidente, Goodluck Jonathan, in sella dal 9 febbraio scorso a causa dell'assenza del presidente federale, Umaru Musa Yar'Adua. Quest'ultimo, dopo un ricovero in un ospedale dell'Arabia Saudita per problemi cardiaci, è tornato a sorpresa nella capitale Abuja il 24 febbbraio, dopo oltre 90 giorni di assenza e di assoluto mistero sulla proria sorte. Adesso si tratta di capire, in vista delle elezioni generali di inizio 2011, se le condizioni di salute di Yar'Adua, musulmano del Nord, gli consentano di riprendere il comando, o se dovrà essere Jonathan, cristiano del sud, a portare il Paese alle elezioni. La Nigeria è la seconda economia del continente e il Paese più abitato dell'Africa con una popolazione, composta da circa 250 etnie, di oltre 140 milioni di persone, suddivisa equamente tra cristiani (concentrati nel sud) e musulmani (al nord). Negli ultimi anni Jos è stata più volte teatro di sanguinosi scontri tra le due comunità religiose: nel gennaio scorso i morti furono quasi 500, nel novembre del 2008 si contarono almeno 700 vittime, mentre nel settembre del 2001, secondo i dati dello stato di Plateau, i morti furono più di mille.