Nicaragua. Tre preti e un diacono condannati dal regime: rischiano 10 anni di carcere
Monsignor Rolando José Álvarez Lagos, vescovo di Matagalpa, in tribunale a Managua
Prosegue la persecuzione del regime di Daniel Ortega contro la Chiesa cattolica, in Nicaragua. Tre sacerdoti cattolici nicaraguensi e un diacono sono stati giudicati colpevoli di cospirazione per minare l’integrità nazionale e di diffusione di notizie false a danno dello Stato e della società nicaraguensi. Ancora non si conosce l’entità della condanna, che sarà resa nota contestualmente alla lettura della sentenza, il prossimo 3 febbraio, ma si sa che la richiesta dell’accusa è di 10 anni di carcere.
I quattro, insieme a due seminaristi e a un cameraman della diocesi di Matagalpa, sono stati giudicati colpevoli dal giudice Nadia Camila Tardencilla, capo del Secondo tribunale penale distrettuale di Managua come ha reso noto l’équipe di avvocati che difendono i sacerdoti e gli altri processati.
Il giudice ha giudicato colpevoli padre Ramiro Tijerino, rettore dell’Università Juan Pablo II e responsabile della parrocchia di San Juan Bautista, padre José Luis Díaz e padre Sadiel Eugarrios, rispettivamente primo e secondo vicario della cattedrale di Matagalpa di San Pedro, e il diacono Raúl Vega González.
I quattro sono le stesse persone che nell’agosto del 2022 erano state trattenute dalla polizia, insieme al vescovo Rolando Álvarez, per due settimane nella sua chiesa, per essere successivamente tratte in arresto. Di conseguenza, tale condanna appare un’ulteriore conferma di quanto accadrà al vescovo, già rinviato a giudizio. Il vescovo Rolando Álvarez agli arresti domiciliari dall'agosto 2022 e il 10 gennaio un tribunale di Managua ha deciso che sarà processato per presunta associazione a delinquere e diffusione di notizie false.
Va ricordato, inoltre che nel 2022 il Governo nicaraguense aveva espulso il nunzio apostolico Waldemar Sommertag, aveva messo fuori legge moltissime associazioni caritatevoli, tra cui le Missionarie della Carità, dell'ordine di Madre Teresa di Calcutta, e aveva chiuso diversi media cattolici, tra cui il canale televisivo della Conferenza episcopale.