Una vita fuorilegge, una morte fuorilegge e infine una sepoltura fuorilegge: il giurista resta visibilmente spiazzato di fronte alla fine di Osama Benladen o, quantomeno, allo “storyboard” prodotto dall’Amministrazione Obama sugli ultimi minuti di vita dello sceicco del terrore. Anche Andrea Bianchi, per molti anni ordinario di diritto internazionale all’Università Cattolica e oggi docente all’Istituto Alti Studi Internazionali di Ginevra, ammette che «la matrice fattuale è quel che è, molto incerta». Come dire che senza sapere esattamente cosa sia successo ad Abbottabad il caso finirà sui libri di storia ma non su quelli di diritto. Lo studioso ammette che Osama Benladen avrebbe dovuto essere processato, non dal Tribunale penale internazionale, «incompetente per reati di terrorismo» (e comunque gli Usa non ne riconoscono la giurisdizione), ma da una corte di giustizia statunitense. Militare, probabilmente.
Lei ci crede che Benladen abbia resistito all’arresto, quindi sia stato ucciso e poi sepolto in mare rispettando il rito islamico?Non sappiamo cosa sia successo e per un giurista, che necessita di coordinate precise per capire quali norme vadano applicate, questo è decisivo. Dalla ricostruzione ufficiale degli eventi emergono molte incertezze.
Partiamo dall’inizio. Un commando Usa penetra in Pakistan per arrestare un super-ricercato. Questo è legale?Per il diritto internazionale è illegale, dal momento che si verifica una violazione della sovranità pachistana, a meno che Islamabad non abbia acconsentito o i militari pachistani non abbiano addirittura partecipato all’azione. Faccio notare – per chiarezza – che fin qui, per il diritto internazionale, la violazione è a danno del Pakistan e non del ricercato.
Secondo fatto: l’ordine è di prendere Benladen vivo o morto. Che ne dice?Che fa la differenza l’incertezza del mandato, subito emersa dalle dichiarazioni di Obama, il quale ha fatto riferimento all’ordine di «uccidere», per poi cambiare versione. La questione è se si sia trattato di “target killing”, un omicidio mirato, o di un’azione di polizia che si è conclusa con l’uccisione del ricercato nel corso di uno scontro a fuoco. Nel primo caso si configurerebbe una violazione del diritto internazionale perché gli Usa avrebbero negato a Benladen il diritto a difendersi di fronte a un tribunale.
La Ue ha giustificato quest’eventualità commentando che «non viviamo in un mondo ideale». Anche Lei pensa che fosse impossibile portare lo sceicco davanti alla giustizia?Benladen non è la prima vittima di “target killing”, ammesso che sia successo questo. Nel gennaio scorso, degli agenti israeliani hanno giustiziato ad Abu Dhabi un esponente di Hamas. Anche in quel caso agì un commando in terra straniera.
Se gli americani l’avessero catturato vivo, avrebbero dovuto consegnarlo ai pachistani?Certo e avrebbero chiesto immediatamente l’estradizione, probabilmente ottenendola. Il tribunale naturale di Benladen sarebbe stato quello americano, per l’attentato alle Torri gemelle, anche se probabilmente il ricercato sarebbe stato processato da una commissione militare e non dal giudice ordinario.
Obama non si era impegnato a cancellare quelle commissioni?Il Congresso l’ha convinto ad autorizzare nuovamente, di recente, i processi dei terroristi davanti a commissioni militari istituite dal Parlamento americano dopo l’undici settembre.
Come spiega questa marcia indietro?A Bush junior servivano per aggirare il problema delle prove ottenute con la tortura, che nessun tribunale ordinario ammetterebbe. Nel caso di Benladen il problema sarebbe stato piuttosto quello, durante il dibattimento, della rivelazione di materiali coperti dal segreto di Stato.