Teheran. In cella da 2 anni, giornalista anglo-iraniana può riabbracciare la figlia
Nazanin con la figlia Gabriella in una foto rilasciata dal comitato per la liberazione della donna
Dopo più di due anni, Nazanin Zaghari-Ratcliffe, reclusa nel carcere di Evin, a Teheran, per sospetta attività di spionaggio e propaganda contro l’Iran – accuse sempre negate –, ieri ha potuto riabbracciare sua figlia Gabriella, di appena quattro anni. Per la donna, 40 anni, di nazionalità anglo-iraniana, l’incubo non è tuttavia ancora finito. Quello che i suoi avvocati sono riusciti a ottenere, infatti, è solo un permesso di tre giorni che si spera possa essere esteso.
Sulla sua testa pende una condanna a 5 anni. Nazanin è però fiduciosa e, forte dell’appoggio di suo marito, Richard Ratcliffe, che in questi mesi si è fatto promotore di una intensa campagna politica e mediatica per la sua scarcerazione, è certa che questa breve sospensione della pena sia «l’inizio della fine». «Ho pianto tanto quando ho saputo del permesso, non me lo aspettavo», racconta la donna. «Sono uscita dalla cella – continua – tra i balli e i canti di tutte le altre detenute che facevano festa in mio onore».
Nazanin trascorrerà questi tre giorni di libertà insieme alla famiglia nella casa dei suoi genitori, a Damavand, nella periferia nord-est della capitale iraniana. Il suo pensiero, però, è già proteso verso il suo ritorno a Londra. Project manager alla Fondazione Thomson Reuters, la donna, residente in Inghilterra dal 2007, è stata arrestata nell’aprile del 2016 all’aeroporto di Teheran mentre aspettava il volo che l’avrebbe dovuta riportare a Londra, insieme alla piccola Gabriella, dopo aver trascorso qualche giorno di vacanza con i suoi genitori.
I militari del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione l’hanno fermata e allontanata dalla sua bambina per condurla a Evin, quella che è nota essere una delle carceri più dure del mondo. Le accuse che gli vengono rivolte risalgono al periodo in cui Nazanin Zaghari-Ratcliffe lavorava alla Bbc, dal 2009 al 2010, quando – è quanto sostiene il Tribunale iraniano – la donna avrebbe «utilizzato un corso di giornalismo on line per reclutare e formare alcuni dissidenti della Repubblica islamica».
La condanna della cittadina anglo- iraniana, supportata da deboli prove dedotte da alcune sue e-mail, è diventata un delicato caso diplomatico che ha coinvolto in prima persona sia l’ex ministro degli Esteri, Boris Johnson, sia il suo successore Jeremy Hunt. «Ringraziamo tutti coloro che hanno reso possibile questo a Teheran e Londra – ha dichiarato il marito, Richard Ratcliffe – e al nuovo ministro degli Esteri per tutti i suoi recenti sforzi». «Nazanin deve essere rilasciata in modo definitivo – ha rilanciato il ministro Hunt in un tweet – cosa per cui continueremo a fare tutto il possibile».