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Mar Egeo. Scontro tra la guardia costiera turca e greca. Ancora bloccata la nave Eni

Paolo M. Alfieri martedì 13 febbraio 2018

La piataforma Eni Saipem 12000 bloccata dalla Marina turca nelle acque di Cipro (Ansa)

Sale la tensione nel mar Egeo tra Grecia e Turchia. Le autorità di Atene hanno denunciato che la scorsa notte una pattuglia della guardia costiera di Ankara ha speronato un mezzo dei suoi guardacoste nei pressi di alcuni isolotti rocciosi contesi tra i due Paesi. Nello scontro, secondo la denuncia greca, non risultano feriti, ma danni alla nave greca, colpita a poppa dalla prua di quella turca. Lo scontro, riferisce Atene, è avvenuto al largo degli isolotti disabitati di Imia (Kardak in turco), sotto il controllo della Grecia ma rivendicati dalla Turchia e su cui nel 1996 si sfiorò un conflitto tra i due Paesi. Da allora, le tensioni nella zona si riaccendono periodicamente.

Intanto, mentre l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi si dice «sorpreso » e la Farnesina garantisce di essere impegnata «al più alto livello», è braccio di ferro tra Unione Europea e Turchia sul blocco della piattaforma dell’Eni Saipem 12000, fermata sabato dalla Marina militare turca nel Mediterraneo orientale mentre era diretta verso un’area di trivellazione su licenza di Cipro. La nave resta a circa 50 chilometri dal luogo previsto per le esplorazioni di idrocarburi, a sud-est dell’isola, che è divisa tra la parte sud greca e la parte nord turca, non riconosciuta a livello internazionale. Il blocco attuato da Ankara, che si oppone alle attività di trivellazione definendole «unilaterali», riguarderebbe anche alcuni mercantili. «Esorto la Turchia ad evitare minacce o azioni contro qualsiasi membro dell’Ue e ad impegnarsi piuttosto in buone relazioni di vicinato, nella soluzione pacifica di controversie, ed al rispetto della sovranità territoriale», ha sottolineato il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk dopo aver parlato con il presidente cipriota Nicolas Anastasiades.

Da Nicosia si cerca intanto di rassicurare. «Stiamo gestendo la situazione», ha detto Anastasiades, precisando che si vuole «evitare qualsiasi escalation». Ma non senza puntare il dito su Ankara e sul «fatto che le azioni della Turchia violano il diritto internazionale », ha aggiunto il capo dello Stato cercando la via diplomatica: «Il governo mantiene la calma per evitare qualunque crisi e sta compiendo i passi necessari affinché i diritti sovrani della Repubblica di Cipro siano rispettati», ha aggiunto Anastasiades. Ma il nodo c’è e resta tutto da sciogliere. Secondo Ankara le esplorazioni di idrocarburi al largo delle coste di Cipro minano «i diritti inalienabili sulle risorse naturali dei turco-ciprioti» e «mettono a repentaglio la stabilità della regione»: il governo di Nicosia sta agendo come fosse «l’unico proprietario dell’isola », è l’accusa del ministero turco degli Esteri, che ha messo in guardia Cipro sulle eventuali conseguenze. E da Ankara è arrivato un messaggio anche verso le compagnie petrolifere straniere a non sostenere le attività del governo cipriota.

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Queste parole ribadiscono la posizione del presidente Recep Tayyip Erdogan che, all’indomani della sua visita in Italia di una settimana fa, si era detto contrario alle operazioni dell’Eni «nel Mediterraneo orientale». «I lavori (di esplorazione) del gas naturale in quella regione rappresentano una minaccia per Cipro nord e per noi», aveva sottolineato, spiegando di aver espresso le «preoccupazioni turche» al presidente Sergio Mattarella ed al premier Paolo Gentiloni. La piattaforma Eni è stata bloccata mentre si stava spostando nel blocco 3 nelle acque della Zona economica esclusiva della Repubblica di Cipro, dove aveva in programma attività di perforazione.

Eni ha fatto sapere di aver «prudentemente eseguito gli ordini» della Marina turca e che il mezzo navale sarebbe rimasto «in posizione in attesa di un’evoluzione della situazione». L’azienda è presente a Cipro dal 2013 e detiene interessi in sei licenze situate nelle acque economiche esclusive della Repubblica (nei Blocchi 2, 3, 6, 8, 9 e 11), cinque in qualità di operatore. Solo qualche giorno fa il gruppo ha annunciato di aver effettuato una scoperta di gas nel Blocco 6, nell’offshore di Cipro. «Abbiamo già perforato dei pozzi in analoghe condizioni», «nella economic zone di Cipro e non ci è successo assolutamente niente. Probabilmente la tensione è salita per altri motivi e quindi la nave è stata bloccata», ha detto ieri l’amministratore delegato Descalzi. Per l’azienda italiana, la questione è soprattutto politica. «Noi stiamo aspettando, è un discorso tra i Paesi», ha detto l’ad di Eni riferendosi esplicitamente a Cipro, Turchia, Unione Europea e Italia. Il braccio di ferro, per ora, è destinato a continuare.