Tecnologia. Nativi digitali, veloci non stupidi
Nicholas Carr si chiede con ansia se «Google ci renda stupidi», se Internet «alteri il nostro modo di pensare rendendoci meno capaci di digerire ampie e complesse quantità di informazioni, come libri o articoli di riviste». Dal mio punto di vista, è meglio chiedersi se l’elaborata articolazione dei messaggi non contrasti con l’inevitabile accelerazione della vita e della cultura introdotta dall’elettricità, a partire dall’avvento del telegrafo. I ritmi di vita e di apprendimento sono stati completamente alterati dalla rapida successione di enormi cambiamenti tecnologici, che includono il telefono, la radio, la televisione, i personal computer, Internet, i telefoni cellulari e le tecnologie mobili in generale. L’attenzione a breve termine non vuol dire necessariamente attenzione debole, può significare attenzione veloce.Una cosa di cui i critici della cultura dello schermo non riescono a rendersi conto è che elaborare un’immagine richiede meno tempo rispetto all’elaborazione di anche solo una dozzina, figuriamoci un centinaio, di parole. L’attenzione a breve termine è quello che ci vuole per far fronte a richieste rapide, ma non preclude un’attività di pensiero più profonda. Quando hai davvero bisogno di approfondire e concentrarti, puoi farlo. Non è più una questione di immagazzinare informazioni. Perché preoccuparsene, dato che è tutto intorno a te? È più che mai una questione di contesto e di interesse. I ragazzini pensano di non amare lo studio perché il sistema educativo fallisce sistematicamente nel coinvolgerli. E questo li manda fuori di testa.Da parte sua, come non citare le geremiadi di Sherry Turkle a proposito del fatto che le tecnologie della comunicazione stanno isolando le persone, limitando le reali interazioni umane, in una «realtà virtuale che non è altro che una brutta imitazione del mondo vero»? Perché sento una strana sensazione di déjà vu? Perché ho già sentito tutto ciò a proposito della televisione e non si è rivelato vero, quindi ho la tendenza a dubitare. In realtà, la mia esperienza è che, almeno per quanto riguarda i miei studenti, sì, è vero, loro non leggono molto, ma di certo sanno come visionare e esplorare Internet, trovare contenuti pertinenti e focalizzarsi sul materiale da loro selezionato. Stupido è chi non usa Google. Per quanto riguarda l’isolamento, possiamo rispondere a Turkle che Twitter, le email, i social media, piuttosto che isolarci in camera nostra, davvero ci mettono continuamente in contatto gli uni con gli altri. La vera domanda è perché nessuno di tanti critici dell’impatto della rete sui giovani non vede che il loro compito è di adattarci a una profonda rivoluzione epistemologica e che in generale ci arrivano abbastanza bene ritrovando come Pinocchio la loro umanità oltre la macchina.