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Venezuela. Maduro sposta il Natale al 1° ottobre. I vescovi: «Non si tocchino le feste»

Redazione Esteri mercoledì 4 settembre 2024

Il presidente venezuelano, nel suo programma tv del lunedì “Con Maduro”, ha annunciato l'anticipo del natale a ottobre

Il mondo tiene nel mirino il Venezuela per le (contestate) elezioni che hanno confermato in sella per un terzo mandato Nicolás Maduro; su Caracas piovono le condanne della comunità internazionale che ha duramente criticato la decisione della giustizia di emettere un mandato di arresto contro Edmundo Gonzalez Urrutia, il candidato dell’opposizione che rivendica di avere vinto la consultazione del 28 luglio; le organizzazioni per i diritti umani denunciano gravi violazioni nella gestione politica del Paese sudamericano, e lui, il presidente, che fa? Cambia la data del Natale.

Proprio così: Maduro ha anticipato le festività al 1 ottobre, motivando la scelta come un tentativo di «trasmettere un po’ di allegria natalizia» dopo il caos elettorale. Ha annunciato la misura – che non implica un reale cambiamento nelle date legalmente festive – durante il suo programma tv del lunedì (Con Maduro): «Per omaggiarvi, come segno di gratitudine nei vostri confronti – ha spiegato il leader chavista – firmerò un decreto per anticipare il natale 1 ottobre».

Non è la prima volta che Maduro si produce in decisioni del genere da quando ha preso le redini del Paese (a maggioranza cattolica) da Hugo Chavez nel 2013. Ma oggi la mossa rappresenta uno sfacciatissimo tentativo di distrarre la popolazione dalla rabbia per le elezioni “truccate”. Considerate come tali dagli Stati Uniti ma anche da diversi Paesi latinoamericani che sostengono la rivendicazione di vittoria dell’opposizione venezuelana, mentre persino Messico, Colombia e Brasile, pur vicini a Maduro, si sono rifiutati di riconoscere il risultato ufficiale (la vittoria del presidente il 52% dei voti non è stata dimostrata – come richiesto dall’opposizione – con la pubblicazione dei verbali di voto, e la giustificazione del Consiglio Elettorale nazionale, controllato dal leader chavista, è che ci sono stati attacchi informatici. Secondo l’opposizione, che ha pubblicato i propri verbali, Gonzalez ha ottenuto più del 60% dei voti).

La decisione sul Natale è stata criticata con nettezza dalla Conferenza episcopale del Venezuela (Cev): «Il Natale è una festa universale. Il modo e il tempo della sua celebrazione sono di competenza dell’autorità ecclesiastica. Questa festività non deve essere utilizzata per scopi propagandistici o politici particolari», hanno scritto i presuli venezuelani. «Il Natale, come tempo liturgico, inizia il 25 dicembre con la nascita di nostro Signore Gesù Cristo e si prolunga fino all’Epifania del Signore nel mese di gennaio», con l’Avvento, che inizia il primo dicembre. La Cev ha espresso un altro grande motivo di preoccupazione sulla «promozione da parte di diversi organi statali di una campagna di repressione», con migliaia di detenuti, tra cui molti minorenni, «ai quali si cerca di imputare crimini molto gravi, senza garantire tuttavia un giusto processo», e sulla persecuzione nei confronti di «scrutatori, comunicatori sociali e contro il candidato e i leader dell’opposizione, in palese contraddizione con i principi di pluralità politica e di indipendenza dei poteri pubblici garantiti dalla Costituzione e dalle leggi della Repubblica».

Proprio ieri, Human Rights Watch (Hrw) ha pubblicato un rapporto in cui spiega di aver documentato undici omicidi avvenuti nel contesto delle proteste di massa seguite alla proclamazione di Maduro come vincitore. Hrw ha spiegato di aver esaminato i certificati di morte delle persone uccise, verificato 39 video e due fotografie, e intervistato più di 20 persone. Secondo la Ong, la repressione del dissenso politico post-elettorale è la più sanguinosa degli ultimi anni: lo stesso governo ha comunicato l’arresto di almeno 2.400 persone, tra cui diversi minori, e le organizzazioni non governative hanno denunciato la morte di 24 persone. Un numero ben superiore ai dati visti nelle manifestazioni del 2014 e del 2017, anch’esse represse nella violenza. (R.E.)